Livorno vicecampione d’Italia (1942-43)

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Livorno vicecampione d’Italia (1942-43)

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Dal Libro Amaranto Story:

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Re: Livorno vicecampione d’Italia (1942-43)

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IL CAMPIONATO AMARANTO:
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GIRONE DI ANDATA:

1° giornata: LIVORNO-Venezia 2-1 (Clicca per andare alla partita)

2° giornata: Torino-LIVORNO 1-2 (Clicca per andare alla partita)

3° giornata: LIVORNO-Liguria 3-1 (Clicca per andare alla partita)

4° giornata: Atalanta-LIVORNO 0-2 (Clicca per andare alla partita)

5° giornata: LIVORNO-Lazio 4-2 (Clicca per andare alla partita)

6° giornata: Bologna-LIVORNO 1-2 (Clicca per andare alla partita)

7° giornata: LIVORNO-Bari 1-1 (Clicca per andare alla partita)

8° giornata: Inter-LIVORNO 0-1 (Clicca per andare alla partita)

9° giornata: Triestina-LIVORNO 1-1 (Clicca per andare alla partita)

10° giornata: LIVORNO-Juventus 0-3 (Clicca per andare alla partita)

11° giornata: Genoa-LIVORNO 5-2 (Clicca per andare alla partita)

12° giornata: LIVORNO-Roma 2-0 (Clicca per andare alla partita)

13° giornata: Fiorentina-LIVORNO 4-3 (Clicca per andare alla partita)

14° giornata: LIVORNO-Vicenza 2-0 (Clicca per andare alla partita)

15° giornata: Milan-LIVORNO 1-1 (Clicca per andare alla partita)



GIRONE DI RITORNO:

16° giornata: Venezia-LIVORNO 0-1 (Clicca per andare alla partita)

17° giornata: LIVORNO-Torino 0-0 (Clicca per andare alla partita)

18° giornata: Liguria-LIVORNO 1-2 (Clicca per andare alla partita)

19° giornata: LIVORNO-Atalanta 1-1 (Clicca per andare alla partita)

20° giornata: Lazio-LIVORNO 0-1 (Clicca per andare alla partita)

21° giornata: LIVORNO-Bologna 1-0 (Clicca per andare alla partita)

22° giornata: Bari-LIVORNO 1-1 (Clicca per andare alla partita)

23° giornata: LIVORNO-Inter 4-2 (Clicca per andare alla partita)

24° giornata: LIVORNO-Triestina 0-0 (Clicca per andare alla partita)

25° giornata: Juventus-LIVORNO 3-0 (Clicca per andare alla partita)

26° giornata: LIVORNO-Genoa 3-1 (Clicca per andare alla partita)

27° giornata: Roma-LIVORNO 1-0 (Clicca per andare alla partita)

28° giornata: LIVORNO-Fiorentina 4-1 (Clicca per andare alla partita)

29° giornata: Vicenza-LIVORNO 1-3 (Clicca per andare alla partita)

30° giornata: LIVORNO-Milan 3-1 (Clicca per andare alla partita)
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Re: Livorno vicecampione d’Italia (1942-43)

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Wikipedia sul Livorno:
https://it.wikipedia.org/wiki/Unione_Sp ... _1942-1943

Wikipedia sul campionato:
https://it.wikipedia.org/wiki/Serie_A_1942-1943





25 aprile 1943, quando il Livorno sognò lo scudetto di Pasqua

L’ultima stagione di Serie A prima dei campionati di guerra si chiuse all’ultima giornata. Il 25 aprile del 1943, a Pasqua, il Livorno sogna fino a tre minuti dalla fine di conquistare lo scudetto. Sarà, invece, il primo titolo del Grande Torino.
A cura di Alessandro Mastroluca

Una Pasqua di guerra e di liberazione. Domenica 25 aprile 1943, si gioca l'ultima giornata di Serie A. Manca un mese allo sbarco degli americani in Sicilia, al bombardamento su Palermo e al ritiro forzato dei rosanero dal campionato di Serie B. È l'ultimo atto di un duello che ha appassionato l'Italia per tutta la stagione, che ha distratto dal conflitto e dalla fine del regime fascista. A 90′ dalla fine, per il titolo è corsa a due. Il Torino che si avvia a diventare Grande e guida la classifica, gioca a Bari. Appena un punto sotto resiste il Livorno, la grande sorpresa del campionato, che all'Ardenza ospita il Milano (la versione autarchica del Milan): è la partita più importante nella storia dei toscani.

Alle origini del miracolo – Il Livorno è tornato in Serie A da due stagioni. Nel 1940-41 si salva all'ultima giornata ma arriva in semifinale di Coppa Italia battendo tra le altre il Savona. L'allenatore Viola nota l'ala destra Piana e organizza due amichevoli contro i liguri. Il Livorno perde la prima, ma torna a casa col contratto di Piani. E dopo la seconda tessera il centromediano Traversa, che sarà una delle colonne del campionato 1942-43. Sarà proprio Piana a segnare il gol della salvezza nell'estate del 1942, ancora contro il Milan, allenato dal livornese Magnozzi. È lui che apre il 2-0 completato da Viani. fiorentiFu cambiato l'allenatore; al posto di Viola arrivò Fiorentini che aveva allenato Atlanta e Inter. Il presidente Bruno Baiocchi cambia allenatore, punta sulla voglia di riscatto di Ivo Fiorentini dopo un pessimo campionato con l'Ambrosiana Inter. La campagna acquisti è mirata. I portieri ci sono (Silingardi e Assirelli), mancava un paio di terzini: arrivano Ermelindo Lovagnini, militare in Marina a Spezia, e il possente Eto Soldani dal Pisa come rincalzo. Il centrocampo rimane con il veterano Capaccioli, amaranto fin dal 1936, Stua, Zidarich e Tori. In attacco si aggiungono al confermato Piana, Renato Raccis, scoperto a Prato e Pietro Degano, dotato di classe purissima e facilità di tiro, in gol l'anno prima all'Ardenza con la Fiorentina. Più che una grande squadra, una grande incognita.

Serendipità – Si parte il 4 ottobre 1942, festa di San Francesco patrono d'Italia. I presagi per il Livorno son tutt'altro che incoraggianti. Alla prima giornata gli amaranto vincono sì 2-1 col Venezia in rimonta, ma giocano praticamente in dieci quasi tutta la partita perché si fa male Traversa. Fiorentini è costretto a cambiare formazione. Capaccioli, che parte laterale, si sposta nel ruolo di Traversa, da centrale: sarà una rivelazione. La mezzala Mario Zidarich, preso per 67 mila lire su indicazione di Magnozzi cinque anni prima dal Milan, passato attraverso un infortunio al menisco, arretra in mediana. Al suo posto andrà a giocare Athos Miniati, unico livornese in squadra. Cambi che faranno la fortuna del Livorno.

La vittoria al Filadelfia – Lo stravolgimento obbligato arriva prima della trasferta al Filadelfia, contro il Torino di Kuttik che in casa non perde in casa da un anno e mezzo: eppure, gli amaranto vincono in rimonta 2-1 (gol di Zidarich e Degano). Mentre a Torino, il presidente Novo interviene, e il netto successo nel derby la settimana successiva apre nuovi orizzonti a una stagione nata col piede sbagliato, il Livorno comincia a volare. Tuttavia, scrivono Ossola e Tavella nel Romanzo del Grande Torino, “pochi pensavano che i toscani fossero qualcosa di più di un fuoco di paglia. Si pensava avessero deciso di assumere questo adagio come principio di esorcismo preventivo”. La convinzione comune, infatti, vede la Roma, campione in carica, come la vera rivale del Torino, e il Livorno come la classica sorpresa di inizio stagione destinata a sgonfiarsi. Ma la Roma non si è rinforzata in estate, il campionato dei giallorossi resterà fin troppo anonimo.

La squalifica di Fornaretto – Roma e Torino, di fatto, saranno vicine solo nella semifinale di Coppa Italia del 23 maggio, in un'Italia ormai ridotta a un ammasso di macerie per i bombardamenti alleati. I giallorossi riescono a raggiungere Torino solo dopo due giorni di viaggio avventuroso. È ormai l'unico obiettivo per riscattare il campionato, la Roma dà battaglia con l'ardore quasi mai visto in stagione: all'85' è ancora 1-1. Poi il Torino passa in vantaggio, con una rete dubbia. I giocatori della Roma circondano l'arbitro Pizziolo convinti del fuorigioco. Uno di loro tira un calcio all'arbitro che non vede il colpevole ma espelle il capitano Amadei, che non c'entra nulla e ha anche perso il forno di famiglia a Frascati. Fornaretto sarà radiato e solo alla ripresa della normale attività dopo la guerra, in una cena cui partecipa anche Pizziolo, si ritrova ad ascoltare la confessione di Dagianti.

La cavalcata amaranto – Col passare delle settimane, le rivali cominciano a guardare il Livorno con altri occhi. Il 2-0 di Bergamo vale doppio: la squadra è partita il giorno prima, in terza classe, è stata fermata due ore in galleria a Genova per un allarme bomba, poi di nuovo a Pavia, ed è arrivata a Milano solo alle sei di mattina, con la stazione in fiamme ad accoglierli. Raggiungeranno Milano su un carro bestiame. Il Livorno infila sei vittorie consecutive prima del pareggio in casa contro il Bari. Poi, però, maturano tre sconfitte in quattro partite che convincono Fiorentini a passare dal metodo al sistema, il WM che arriva dall'Inghilterra, la rivoluzione di Herbert Chapman alla base anche delle fortune del Grande Torino. Novo, intanto, esonera Kuttik e richiama Janni, il Leone di Duisburg, che da giocatore aveva contribuito al primo scudetto granata. Alla fine del girone d'andata, Livorno e Torino guidano la classifica a 21 punti.

Scontro diretto e sorpasso – Il 24 gennaio del 1943, più di 30mila spettatori riempiono gli spalti dell'Ardenza per lo scontro diretto con il Torino. Il Livorno, si legge il giorno dopo sulla Stampa, “scende sul terreno ben deciso a vincere per mostrare a chi non lo crede ancora che è una squadra irresi stibile, che il primo posto in classifica è sua di buon diritto, che non c'è avversario — anche se si chiama Torino — che gli metta soggezione; il Livorno che è e si sente forte, che ha polmoni doppi e garretti d'acciaio. Un Livorno che, raffigurato come una giovane triglia guizzante, è, invece, un mastino dai denti aguzzi, pronto a mordere e a lasciare il segno” Dopo un mnuto, l'arbitro Scorzoni annulla il gol di Piana per fuorigioco e nega un rigore ai toscani per mani di Ferrini: la percezione di ingiustizia aumenta. Nel secondo tempo, i toscani non hanno più lo stesso impeto, “i calci d'angolo che il Livorno accumula non fruttano nulla. Il Torino resiste. Sa cosa vuol dire non perdere questo incontro e tiene duro. Per la prima volta nell'annata (l'altra volta vedemmo la Juventus vincere con troppa facilità all'Ardenza) abbiamo ammirato il vero Livorno, rivelazione del torneo. Neppure adesso diremo che si tratta di una autentica grande squadra, ma piuttosto di una unita che può essere di esempio per tutte le compagini metropolitane ricche, almeno sulla carta, di assi patentati. Il Livorno ha tutto occorre per fare molta strada in campionato”.

La sfida decisiva – A tre giornate dalla fine, però, il Torino è davanti al Livorno di un punto. E le successive due domeniche non cambiano lo scenario, fino alla Pasqua di passione e di resurrezione. Il Torino, con una felice commistione di veterani della vecchia guardia e giovani in attacco, gioca a Bari, che non ha ancora dimenticato del tutto gli insegnamenti di Erbstein, l'allenatore ungherese che ha forgiato il Grande Torino ma ha dovuto lasciare l'Italia per le leggi razziali. I pugliesi si stanno giocando la salvezza, e in avvio Ferraris II fa tremare i tifosi e la traversa. ““Su qualsiasi altro campo avremmo risolto la questione assai prima: qui a Bari le traverse hanno la pancia” dirà. Il portiere Costagliola si supera, mentre all'Ardenza il Livorno rimonta contro il Milan. Dopo il vantaggio di Morselli, le reti di Traversa e Capaccioli, per l’occasione schierato all’ala, portano il punteggio sul 2-1. A Livorno non c'è partita, e il tris di Raccis al 57′ chiudono il discorso. A fine partita i giocatori fanno il giro di campo, ma a Bari la gara è iniziata più tardi, si sta ancora giocando. Quando mancano tre minuti alla fine, Ossola va a battere l'ennesimo calcio d'angolo. Mazzola va di testa, la difesa respinge, Ferraris II tenta il contro-cross, ancora ribattuto. La palla arriva a Loik che sente i tifosi battere le mani e la passa un po' alla cieca, ma in mezzo ai rimpalli e ai tocchi disordinati si materializza Meazza: 1-0. È la prima vittoria del Torino a Bari da quando la Serie A è diventata a girone unico. A Livorno la notizia per un po' arriva distorta, il pubblico esulta, crede al gol dei pugliesi. Restano le lacrime per un sogno svanito. Resta il più bel campionato nella storia del Livorno.


Link: https://calcio.fanpage.it/25-aprile-194 ... di-pasqua/






In campo il mitico Livorno

La so ancora recitare a memoria, quella formazione: Assirelli (o Silingardi), Del Bianco, Lovagnini/Traversa, Capaccioli, Tori/Piana, Stua, Raccis, Zidarich, Degano. È la formazione del mitico Livorno, che quasi vinse il campionato di calcio 1942-43. E così la cito con quelle sbarre, per separare doverosamente la difesa (Assirelli, Del Bianco, Lovagnini) dalla mediana (Traversa, Capaccioli, Tori); e la mediana dall’attacco (ripeto: Piana, Stua, Raccis, Zidarich, Degano). Perché così si recita, così si recitava la formazione di una squadra di calcio: a quei tempi. Con una precisa scansione, quasi si trattasse di un verso latino o greco.

Adesso, con gli schieramenti “a uomo" o "a zona" (o misto di tutt’e due) non ci si capisce niente. È più difficile snocciolare la formazione di una squadra di calcio, più difficile impararla - e ricordarla a memoria. Ma non è questa la sola ragione di un ricordo così tenace, che dura e regge imperterrito, da mezzo secolo. Forse c’è qualche vecchio tifoso livornese, che ricorda questa impresa altrettanto bene. Non ne dubito. E ne comprendo le ragioni.
Ma perché suscitò altrettanta passione, questo Livorno, in un bambino che viveva le mille miglia lontano, nel cuore del profondo Mezzogiorno, in un paesino della Lucania (Rionero in Vulture, provincia di Potenza: dodicimila abitanti, poco meno di settecento metri sul livello del mare)? Come mai? Per varie ragioni, tutte nobilissime. Sicché non mi dispiace ricordarle.
Così come non mi dispiace ricordare quell’ultima giornata del campionato 1942-43. Quell’ultima, decisiva partita. Tutti appiccicati alla radio, per la radiocronaca di Niccolò Carosio. Il Livorno aveva 40 punti e stava battendo il Milan. Il Torino ne aveva 41 e stava pareggiando a Bari.

Saremmo finiti alla pari, a 42 punti. E poi gliel’avremo fatta vedere noi a quelli spocchiosi dei granata. Ancora tre minuti ed ecco - ma che sta succedendo laggiù? - si accende una mischia furibonda, (e si alza la voce di Carosio) - nell’ area del Bari. Il pallone rimbalza di piede in piede, di testa in testa, finché non interviene la testa rossofuoco di Valentino Mazzola (la testa, dice il mio ricordo: non si smentisce) e la palla è in rete, alle spalle di Costagliola. Costagliola: il miglior portiere del Mezzogiorno, e quindi del Mondo, pensavamo noi.
Come mai si era fatto battere, anzi fregare così? Il Torino si portava a casa il suo primo scudetto. Il Livorno arrivava secondo, che peccato! Prima ragione del tifo appassionato per i labronici, in quel bambino della Lucania Anni ’40. L’antipatia per il Torino. Troppo sicuro. Troppo tracotante. Troppo ricco. Aveva comprato le due mezze ali Mazzola e Loik dal Venezia per un milione: cinquecentomila lire l’uno.

Cifre pazzesche. Per quattrocentomila lire aveva preso anche il mediano Grezar, dalla Triestina. Spese fiabesche. Il Livorno invece era - o ci pareva - una squadra fatta in casa, alla buona. Il centravanti Raccis, per esempio, l’aveva fatto venire dalla vicina Prato, per quattro soldi.
Come gioivamo quando il "Guerin Sportivo", esprimeva la sua, la nostra diffidenza nei confronti della nuova squadra torinese milionaria: "Una mezz’ala c’è, Maz-zola non basta" (voleva dire: ma sola non basta). Valentino Mazzola poi dimostrò che bastava e avanzava per far vincere al Torino tanti scudetti in fila, ma noi non potavamo saperlo. A proposito: nessuno ci rimproveri la mancanza di riguardo verso il Grande Torino tragicamente perito a Superga. Perché Superga era ancora da venire. Seconda ragione. Che cos’era per noi Livorno? Era una città fiabesca e lontana. Con il porto, le vele e il mare. Aveva l’Accademia navale e i Quattro Mori. Chi erano e che cosa facessero non si sapeva. Ma erano Mori. Questo conferiva alla città un tocco esotico a cui pensavamo sempre, al quale non intendevamo rinunciare.

Terza ragione. Gli ebrei. Qualche tempo prima eravamo stati convocati all’improvviso nella locale Casa del Fascio: noi balilla e balilla moschettieri; noi avanguardisti, noi figli della lupa, noi figli del Regime. Eravamo stati convocati d’urgenza, per una comunicazione solenne, importante. Tutti in riga e sull’attenti, petto in fuori e pancia in dentro, ascoltavamo compunti la comunicazione solenne, che era del seguente tenore. Da domani, lotta agli ebrei, che tanto male hanno fatto all’Italia. Si dà il caso che in quel paesino della Lucania - dodicimila abitanti, settecento metri all’incirca sul livello del mare - non ci fosse, e mai fosse stato visto, nessun ebreo.
Nemmeno a pagarlo. Sicché non si capiva contro chi dovessimo scatenarci nella lotta. Ma il Segretario del Fascio, che era colto (a suo modo) capì la nostra perplessità, e ci indottrinò a dovere. Qui no, ebrei non ce ne sono. Nei dintorni: a Melfi, a Barile, a Rapolla, a Castel Lagopesole, a Ripacandida, a Matera e a Potenza nemmeno, a quanto risulta. Ma sapeste quanti ce ne sono a Livorno. E sapete cosa fanno, contro l’Italia? Prosperano nel commercio. Si dava il caso - ancora - che i nostri genitori non fossero degli aristocratici castellani, sprezzanti nei confronti dei commercianti. Lo fossero stati, lo saremmo stati anche noi.

Ma erano - quando non contadini - piccoli commercianti di vino; o modesti negozianti. Come potevamo non provare simpatia per gli ebrei di Livorno che facevano lo stesso mestiere dei nostri padri, e per di più prosperavano? Quarta ragione. Le donne. Lo Stadio di Livorno si chiamava (e forse ancora si chiama) l’Ardenza. E noi, per un banale, fatale processo di contaminazione - condensazione, le ragazze di Livorno ce le immaginavamo - oltre che ebree, ricciolute e more - anche ardenti. Non come le nostre - riservate per necessità - sempre tappate dietro le persiane.
Nessuno si attenti ad insinuare che eravamo ragazzi, bambini spregiudicati, maleducati. Eravamo bambini o ragazzi debitamente sentimentali. Dante Alighieri non si innamorò a nove anni di Beatrice, incontrandola sul sagrato della Chiesa? E noi eravamo altrettanto precoci. Se poi non abbiamo mantenuto le promesse, è perché ci si è messa di mezzo la guerra. Che ci ha fatto perdere il tempo e la concentrazione. Più tardi, molto più tardi, ho avuto l’immenso piacere di constatare che quest’idea mitica che m’ero fatta di Livorno corrispondeva perfettamente alla realtà. L’ho verificato leggendo le "Lettres persanes" di Montesquieu.

La ventitreesima di queste lettere Usbek - persiano in viaggio di istruzione per l’Europa - la scrive da Livorno. Il giorno 12 della luna di Saphar. Anno 1712. E che cosa racconta di Livorno, Usbek al suo lontano amico Ibben, a proposito di Livorno? Racconta che è una città nuova e fiorente. Le donne vi godono di una grande libertà ("Les femmes y jouissent d’ une grande liberté"). Ma che bello.
Vero è che anche loro guardano gli uomini attraverso le persiane, come le donne persiane e le nostre lucane, a Rionero ("Elles peuvent voir les hommes à travers certaines fenetres qu’on nomme jalousies"). Però in aggiunta possono anche uscire ed andare a spasso per la città, e con un solo velo in testa ("Elles peuvent sortir tous lesjours avec quelques vieilles qui les accompagnent: elles n’ont qu’un voile").

Che civiltà, che libertà, le donne livornesi. Nel 1712. Figuriamoci nel 1942. Figuratevi oggi. Così nacque il nostro amore per Livorno. Che è rimasta così, che è sempre quella (non ditemi di no, non deludetemi). E il nostro amore per il Livorno calcio. Che durerà eterno. Anche se dopo il rocambolesco campionato 1942-43 quella mitica squadra scomparve. Anche perché il campionato non ci fu più, per tre anni.
C’era la guerra. Il solo centrattacco Raccis, se non sbaglio (quello che veniva da Prato) riemerse e figurò bene nel Milan nei primi tornei del dopoguerra. Non importa. Ogni anno, quando il campionato ricomincia, noi spiamo i primi risultati con curiosità. Sperando che un nuovo Livorno, sorprendendo tutte le grandi, vinca di nuovo le prime cinque partite in fila, e balzi in testa alla classifica.

Come accadde quella volta. Un giorno accadrà. Siamo pronti. Già conosciamo la formazione e possiamo ripeterla a memoria: Assirelli (o Silingardi), Del Bianco, Lovagnini ...


Beniamino Placido

Link: http://www.comune.livorno.it/_cn_online ... 59&lang=it





Il piccolo Livorno e il Grande Torino

“Codesto Torino, denso di nomi altisonanti e ridondante di legittime aspirazioni, minaccia di diventare studio per enigmisti. Al momento attuale […] dovrebbe contare quattro punti in classifica…” e, invece, ne conta zero. Ad averne quattro è, invece, il Livorno che proprio al Filadelfia ha colto la sua seconda vittoria in altrettante partite. Una “squadra modesta, ma bene preparata, quella toscana”, che non appare tra le solide candidate al successo finale”. Insomma, una di quelle squadre di cui il Torino dovrebbe fare un sol boccone.

Il campionato di Serie A è appena alla seconda giornata e La Stampa sembra voler aprire un processo in cui imputata è la squadra granata che non ingrana nonostante il presidente Ferruccio Novo l’abbia decisamente rinforzata grazie agli innesti di Valentino Mazzola, Ezio Loik e Grezar, i primi due prelevati dal Venezia, il terzo dalla Triestina.
E fa specie, nello scorrere l’articolo, leggere come il giornalista parli del “nuovo dramma granata [che] ha avuto inizio al 6′ e si è concluso al 18′ della ripresa”, i minuti in cui i labronici Zidanich e Degano segnano ribaltando l’iniziale vantaggio per la squadra di casa siglato da Loik. Fa specie perché il Torino-Livorno, di cui si parla, è datato 11 ottobre 1942 e, con tutto il rispetto per i drammi calcistici, l’Italia ancora fascista è in quel momento alle prese con un dramma molto più grande. Ma si sa, il calcio è stato sempre per gli italiani qualcosa di più di uno stupido gioco e, a conti fatti, il duello tra Livorno e Torino andato in scena in quella stagione 1942/43 è sportivamente tutto da raccontare.

La squadra amaranto e quella granata sono antitetiche. La prima usa il Metodo, la seconda il Sistema. La prima è stata costruita pescando in Serie B i Soldani, i Miniati e i Raccis, la seconda è frutto di un piano pluriennale e, prima di Loik, Mazzola e Grezar, sono arrivati Gabetto, Ferraris II e Rigamonti. La prima scappa grazie a sei vittorie iniziali consecutive, la seconda comincia a carburare solo dopo un po’. Fatto sta che a sette giornate dalla fine il Livorno è in testa con quattro punti di vantaggio su Torino e Ambrosiana, appena sconfitta 4-2 dagli amaranto grazie a una tripletta di Stua allo Stadio Edda Ciano Mussolini (l’odierno Picchi secondo la toponomanstica fascista).

Dalla settimana successiva il Torino non sbaglia più un colpo, l’Ambrosiana si scioglie e il Livorno incappa in un mezzo passo falso (0-0 in casa con la Triestina alla 24°) e due passi falsi interi (una tripletta dell’albanese Lushta dà il 3-0 alla Juventus alla 25°, il bomber Amadei sigla l’1-0 per la Roma alla 27°). Così alla vigilia dell’ultima partita Torino chiama 42 punti e Livorno uno in meno. I granata sono in trasferta sul campo del Bari, invischiato con Venezia, Triestina e Vicenza nella lotta per non retrocedere. I labronici ospitano il Milan, anzi il Milano (in ossequio all’autarchia), che al campionato non ha nulla da chiedere.

È la domenica di Pasqua ed è il 25 aprile, ma quest’ultima data non ha ancora significato. Il Milano è il primo a segnare, al minuto numero 11 con Morselli. Questa rete serve solo a svegliare i livornesi che pareggiano con Traversa al 14′ e si portano in vantaggio al 42′ con Capaccioli, per l’occasione schierato all’ala invece che centromediano. Da Bari non arrivano notizie, Raccis mette al sicuro il risultato per i labronici al 57′ e la soluzione tramite spareggio sembra sempre più vicina. Poi al minuto 87…

I granata si rovesciano all’attacco con un’azione che dalla destra si sposta alla sinistra. È come un’ondata impetuosa a cui prende parte tutta la squadra. La palla giunge a Mazzola che, in corsa, la smista verso il centro dell’area di rigore. Qui Gabetto, che sta per ricevere il passaggio, vede con la coda dell’occhio Grezar che meglio piazzato di lui [ed] eseguisce una finta, senza fermarsi nemmeno lui. […] Interviene alla disperata il mediano Menutti e, di testa, fa per passarla al proprio portiere

… e la mette, invece, in angolo. Per raccontare sulle colonne de La Stampa il gol che decide la stagione Vittorio Pozzo ci mette un’eternità, ma semplicemente non vuole tralasciare il minimo dettaglio, la minima emozione provata. Sul corner di Ossola, infatti, si susseguono i tocchi di testa dei torinisti Ellena, Loik, Gallea e di un barese non identificato, tocca poi Menutti e finalmente il sinistro di Valentino Mazzola manda la palla nel sacco.
Il piccolo Livorno vede così svanire all’ultimo ogni speranza di scudetto. Il Torino ritrova i fasti della fine degli anni Venti. Ma la guerra incombe. Nella stagione successiva si disputerà solo il campionato di Alta Italia, che registrerà l’incredibile vittoria dei “pompieri” di Spezia. Poi la stagione 1945/46 vedrà ai nastri di partenza un Livorno ancor più piccolo e un Torino ancor più grande. Anzi il Grande Torino.


federico


Link: http://www.calcioromantico.com/a-spasso ... de-torino/
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BALDOeFIERO
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Re: Livorno vicecampione d’Italia (1942-43)

Messaggio da BALDOeFIERO »

Ho pensato tante volte … ma se il Livorno avesse vinto quello scudetto, oggi che storia avremmo avuto?! Boia de … davi le paste al grande Torino, all’Inter, al Milan …

Poi a Pisa ragionano di pallone :lol:
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Mascalaito
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Re: Livorno vicecampione d’Italia (1942-43)

Messaggio da Mascalaito »

BALDOeFIERO ha scritto: gio 27 gen 2022, 23:09 Ho pensato tante volte … ma se il Livorno avesse vinto quello scudetto, oggi che storia avremmo avuto?! Boia de … davi le paste al grande Torino, all’Inter, al Milan …

Poi a Pisa ragionano di pallone :lol:
Se il Livorno avesse vinto quello scudetto non sarebbe stato il Livorno. :)
Non saremo mai il Leicester o la sampdoria o il verona di merda, anzi te la rigiro: loro non saranno mai noi.
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Plinio
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Re: Livorno vicecampione d’Italia (1942-43)

Messaggio da Plinio »

Sempre sentito parlare di questa squadra fra mito e leggenda da mio padre… ed avuto l’onore di conoscere Eto Soldani, borghigiano doc.
Quando scenderai
in campo un grido
s' alzera' nel cielo
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piazza
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Re: Livorno vicecampione d’Italia (1942-43)

Messaggio da piazza »

Mascalaito ha scritto: ven 28 gen 2022, 8:26 Se il Livorno avesse vinto quello scudetto non sarebbe stato il Livorno. :)
Non saremo mai il Leicester o la sampdoria o il verona di merda, anzi te la rigiro: loro non saranno mai noi.
È quello che ho sempre pensato anch’io…ed è quello che diceva anche Emiliano Pagani in quella cosa che ha scritto su Livorno e i livornesi.
A vince noi lo scudetto si sarebbe stati pari pari a loro che avevano fatto lo squadrone con un monte di vaini, si sarebbe stati velli importanti…a arrivà secondi invece s’è fatto il capolavoro perché moralmente sei stato superiore e praticamente lo scudetto l’hai buttato via da solo perdendo a cazzo delle partite assurde.
Mi viene in mente quando il Bari mancó la promozione in A l’anno che stava fallendo; ci fecero anche un film che si chiama Una meravigliosa storia fallimentare.
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Etruria
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Re: Livorno vicecampione d’Italia (1942-43)

Messaggio da Etruria »

Attenzione

Il Toro
A parte quella parentesi
Non è mai stata una squadra di vaini,anzi..
Ha avuto nella sua storia una somma di sfighe.
la Fiorentina dei 50/60 idem.
La Samp ha vinto nel 91 con uno squadrone
Che aveva però costruito negli anni con giovani
Formidabili.

A me lo scudetto mi sarebbe garbato dimorto
Perché era meritato e vinto contro squadroni.
E sarebbe stato uno scudetto vero
Non certo come quello finto del 44
Vantato dai tristissimi spezzini
Livorno ovunque giocherai
Noi siamo della Nord e non ti lasceremo mai
E tutti uniti..

Magnozzi Stua Silvestri Merlo Bimbi Lessi Picchi
Lupo Balleri Maggini Miguel Cristiano Lucarelli IGOR
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Mascalaito
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Re: Livorno vicecampione d’Italia (1942-43)

Messaggio da Mascalaito »

Etruria ha scritto: ven 28 gen 2022, 19:20 Attenzione

Il Toro
A parte quella parentesi
Non è mai stata una squadra di vaini,anzi..
Ha avuto nella sua storia una somma di sfighe.
la Fiorentina dei 50/60 idem.
La Samp ha vinto nel 91 con uno squadrone
Che aveva però costruito negli anni con giovani
Formidabili.

A me lo scudetto mi sarebbe garbato dimorto
Perché era meritato e vinto contro squadroni.
E sarebbe stato uno scudetto vero
Non certo come quello finto del 44
Vantato dai tristissimi spezzini
Buongiorno Etruria, anche a me sarebbe piaciuto vincerlo lo scudetto, a chi non gli sarebbe piaciuto?
Però arrivare secondi così è da veri Livornesi.... non per nulla siamo stati vice campioni un'altra volta e non ce l'abbiamo fatta in modi molto simili.
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Plinio
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Re: Livorno vicecampione d’Italia (1942-43)

Messaggio da Plinio »

Mascalaito ha scritto: dom 30 gen 2022, 12:03
Etruria ha scritto: ven 28 gen 2022, 19:20 Attenzione

Il Toro
A parte quella parentesi
Non è mai stata una squadra di vaini,anzi..
Ha avuto nella sua storia una somma di sfighe.
la Fiorentina dei 50/60 idem.
La Samp ha vinto nel 91 con uno squadrone
Che aveva però costruito negli anni con giovani
Formidabili.

A me lo scudetto mi sarebbe garbato dimorto
Perché era meritato e vinto contro squadroni.
E sarebbe stato uno scudetto vero
Non certo come quello finto del 44
Vantato dai tristissimi spezzini
Buongiorno Etruria, anche a me sarebbe piaciuto vincerlo lo scudetto, a chi non gli sarebbe piaciuto?
Però arrivare secondi così è da veri Livornesi.... non per nulla siamo stati vice campioni un'altra volta e non ce l'abbiamo fatta in modi molto simili.
Come gli scarronzoni… secondi ma leggendari
Quando scenderai
in campo un grido
s' alzera' nel cielo
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