Personaggi di oggi e di ieri

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Cuccu
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Re: Personaggi di oggi e di ieri

Messaggio da Cuccu »

spiritual ha scritto: mar 18 mag 2021, 13:49 Ho scritto un messaggio proprio ora nel topic dedicato a Battiato e il significato vale anche per Libero.
Certe persone vivono sempre nella memoria della gente che le RICORDA CON PIACERE E AFFETTO.
Questo vale per chi ha SPESO QUALCOSA DELLA SUA VITA a favore DEGLI ALTRI, del BENE COMUNE, o comunque HA ESPRESSO VALORI POSITIVI.
Qualche volta il nome è famoso e viene ricordato da tanti, altre volte è meno noto, come Libero, e viene ricordato dalla piccola comunità nella quale viveva. Altre volte ancora il ricordo resta nell'ambito familiare o poco allargato allo stesso.
Ma questa differenza non conta niente, è relativa alla carriera, alla vita più o meno sociale delle persone in oggetto. Quello che conta è che quei valori espressi in un ambito grande o piccolo non muoiono mai E RESTANO COME ESEMPIO A COLORO CHE LI HANNO CONOSCIUTI.
Vale per pochi, è vero. Per tanti avviene il contrario: ci si scorda presto e volentieri di ciò che hanno espresso.
Vale per pochi, ma anche questo è un modo per cambiare il mondo e non importa della grandezza dell'ambito.
Io ci credo.
Spirit condivido tutto quello che hai scritto, e questo dove spingerci ad essere ogni giorno migliori.
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piazza
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Re: Personaggi di oggi e di ieri

Messaggio da piazza »

a proposito di persone da ricordare...a Livorno, oltre ai personaggi storici come Mascagni o Modigliani, un posto d'onore lo meritano tutti quei nostri concittadini del sottobosco, della Livorno popolare, recenti e meno recenti, alcuni dei quali leggendari e famosissimi.
inizio con la Ciucia.



La Ciucia, come Robin Hood...

LIVORNO.
«Io sono l'amica di Ciano. Lasciatemi stare»
Molletta in testa, capelli a caschetto, sciarpina rossa alla garibaldina sempre legata al collo, fare deciso e insolente la Ciucia era la Robin Hood al salmastro della Livorno degli anni Trenta.
Anche lei prendeva ai ricchi per dare ai poveri, e così Bruna Barbieri - il suo vero nome - ha fatto per ogni singolo giorno della sua vita. Breve - è morta a soli 32 anni nel 1943 - ma intensa e tutta livornese.
«Siamo orgogliosi di lei. Non era scema, come spesso si sente dire. Dopo "la nona" il virus che prese a 10 anni, stette quaranta giorni in coma e dopo guarì, ma era un po'nel suo mondo.
Pensava solo ai poveri e alle persone in difficoltà. Ha fatto tanto bene al prossimo».
La soddisfazione dei quattordici nipoti di primo grado della Ciucia è tanta. Seduti intorno al tavolo, nella storica cantina del Venezia, ognuno scava nei propri ricordi di bambino.
«Perché Ciucia? Semplice. Stava sempre con un ragazzino amante dei gatti e chiamato Ciucio. Di conseguenza lei è diventata la Ciucia, non certo perché era trasandata. Abbiamo tutti un soprannome».
Lina Savi, ultrasettantenne, svela il mistero del nome. Abitava con la Ciucia in via della Venezia 17. Anche lei è una nipote. Sono tutti veraci, coloriti, ingioiellati. E tutti hanno un soprannome dell'anteguerra.
Parlottano tra loro, bisticciano alla livornese. Ognuno scrive pagine sgangherate della Livorno del tempo che fu.

La Robin Hood del popolo.
«Ogni mattina andava al mercato, girava tra i banchi e si faceva regalare roba. Chi un panino, chi un po' di frutta. Dal macellaio la carne, dal pescivendolo il pesce.
Quando la gente non dava niente allora lei si prendeva le cose di nascosto. Ma non era proprio rubare perché tutto poi finiva nelle mani dei poveri. In tempo di guerra c'era tanta fame» raccontano i nipoti.
Davanti agli occhi ancora il ricordo della ragazzona alta e robusta dagli occhi azzurri che tutte le mattine si alzava all'alba.
Per colazione una tazza di pane inzuppato nel latte e poi via in giro a fare del bene, sempre carica di secchi pieni di cose da mangiare e da vestire da distribuire.
«Quando la mamma non la faceva uscire, scappava dalla finestra. La sua missione era quella di star vicino a chi stava male.
Era sempre circondata da tanti bambini perché regalava frati, caramelle, brioche. In tempo di guerra c'era tanta fame».
Armando Savi, altro nipote oggi ultraottantenne, era uno di quei marmocchi che la seguivano ovunque, spesso anche a Montenero.
Oppure alla caserma La Marmora dove le regalavo il rancio di minestrone avanzato dei soldati.
Oppure alle terme del Corallo o alla Puzzolente: «Andava a piedi a prendere l'acqua nei cestoni per portarla alle famiglie che avevano bisogno».
Soprattutto tra le gente della Venezia, ancora oggi affiora questa immagine di lei, grembiule a quadri celesti, spillini della Madonna di Montenero attaccati, che pretendeva di tutto dai negozianti - senza pagare - per donarlo ai soldati feriti e ricoverati negli ospedali: «Per lei non era ammissibile che qualcuno si rifiutasse di fare beneficenza.
A chi si negava lei cominciava ad urlare insulti, pettegolezzi, tradimenti, per far vergognare il malcapitato» raccontano.

Sulla balilla di Ciano.
Tanto la fama della Ciucia era diffusa che perfino Costanzo Ciano volle conoscerla.
«Lei non aveva paura dei fascisti - continuano i nipoti - anzi quando veniva provocata li offendeva. Spesso sputava.
Diceva sempre che Mussolini era la rovina dell'Italia. Per questo venne anche rinchiusa al manicomio di Volterra, dove scappò. A piedi tornò a Livorno. Per questo Ciano volle conoscerla».
E infatti un giorno due incaricati bussarono a casa Barbieri, in Venezia per portare l'ambasciata fascista.
«Dopo l'incontro nei suoi uffici della Rotonda di Ardenza - proseguono - Ciano addirittura fece rifare i denti alla Ciucia e di quando in quando le donava cose e cibo da distribuire.
Quando qualcuno la minacciava oppure la trattava male lei urlava a gran voce che era l'amica di Ciano».

La sorella di Attao.
Bastano le foto ingiallite appese al muro della cantina del Venezia per riportare a galla le mitiche medaglie d'oro degli Scarronzoni - celebri le sfide di questo otto unico nella storia contro gli studenti di Oxford e Cambridge nelle olimpiadi di Los Angeles e di Berlino - Perché la Ciucia era niente meno che la sorella del leggendario Attao - Renato Barbieri -, famoso per la capacità di sollevare sulla sua testa ben due damigiane: «Era l'unico che riusciva a tenere a bada Bruna.
Lei aveva paura di lui. Quando combinava un guaio, la gente andava a chiamare Attao».

Una fine avvolta nel mistero.
Tempo di guerra. Tempi duri. Anche la famiglia Barbieri nel '42 sfollò in una palazzina di Popogna.
Nel giugno del '44 durante il passaggio del fronte nella seconda guerra mondiale di Bruna Barbieri si perse ogni traccia.
Una morte avvolta nel mistero: «Le voci sono tante - concludono - qualcuno dice che sia morta su una mina mentre portava medicine a una famiglia di Montenero. Per alcuni è stata fucilata dai nazisti. Per altri è stata fatta fuori da un fascista livornese».
L'unica cosa che rimane della Ciucia è una foto ingiallita al cimitero dei Lupi, posta tra quella di babbo Armando e mamma Narcisa Bois.
E soprattutto resta una storia marcata a fuoco nel dna labronico, romanzo di vita, degno della Roma pasoliniana, della Napoli di Fuorigrotta e dei quartieri spagnoli.

https://ricerca.gelocal.it/iltirreno/ar ... JNA01.html


e per finire l'articolo sulla targa commemorativa:
https://iltirreno.gelocal.it/livorno/cr ... -1.1764519

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BALDOeFIERO
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Re: Personaggi di oggi e di ieri

Messaggio da BALDOeFIERO »

che bellezza piazza c'ho la pelle d'oca
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piazza
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Re: Personaggi di oggi e di ieri

Messaggio da piazza »

MARIO DER RI'OVERO

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Marino Scarfi, Mario der ri’overo, il piccolo grande uomo che recitò con la Gardner

“Hai mai sentito parlare di Mario der ri’overo?”
Una domanda del genere posta ad un livornese che non abbia ancora compiuto i trent’anni riceverebbe, come risposta, un’alzata di spalle che la dice tutta su quanto poco sia rimasto della figura del piccolo grande uomo, capace di calamitare su di se l’affetto di una città intera.
L’incedere altalenante, tipico della propria condizione di acondroplasico, lo rendeva inconfondibile e chiunque, incontrandolo, si soffermava per scambiare con lui anche solo una battuta.

Mario der ri’overo, al secolo e all’anagrafe Marino Scarfi, è una delle figure più caratteristiche della recente storia popolare livornese, amato e benvoluto come pochi altri grazie alla propria benevolenza, generosità ed arguzia fuori dal comune. “Grazie allo zio Mario, già all’età di appena quattro anni, ho assistito alla prima partita di calcio a Villa Chayes.
Nonostante avesse un’infinità di amici che reclamavano la sua presenza, ogni domenica lo zio era ospite a casa nostra e, quando il Livorno giocava in casa, dopo pranzo mi portava alla partita, i primi tempi a Villa Chayes, appunto, e poi allo stadio. Mentre salivamo i gradini degli spalti, in molti tiravano lo zio per la giacca a destra e a manca affinché si sedesse accanto a loro: c’era la ressa per accaparrarsi la sua compagnia”.
Inizia così il resoconto di Ennio Scarfi, nipote di Marino… Mario per discendenza diretta, riconoscente per l’importanza che lo zio ha avuto nella formazione della propria identità sportiva.
“Lo zio Mario era un’amante dello sport vero e leale, quello di una volta, ed è riuscito a coinvolgermi al punto che le ultime vicissitudini a livello calcistico, come la cupola di calciopoli o gli avvenimenti luttuosi degli ultimi tempi, me ne hanno fatto allontanare.
Non c’era bisogno di bastoni, coltelli e petardi, quando andavamo allo stadio noi; il massimo che poteva capitare era un occhio nero per una scazzottata tra tifosi di compagini avversarie, magari tra pisani e livornesi, dopodichè si finiva tutti dal Civili a riconciliarsi di fronte ad un ponce caldo”.
Nella palestra di Via del Leone, prima, ed a San Marco, poi, Mario era di casa e gli atleti della Pugilistica Livornese (Bertola, Ceccarini ed altri, nell’arco degli anni) gli portavano il massimo rispetto considerandolo uno di loro, a dispetto della statura e del fisico tutt’altro che prestante.
“Quando si trattava di assistere ad una manifestazione sportiva, lo zio era sempre ospite di qualcuno dell’organizzazione e non gli ho visto mai pagare il biglietto d’ingresso e neanche io ho mai tirato fuori un centesimo, quando ero con lui.
Perfino in occasione di trasferte, anche lontane, ricordo di una volta a Palermo, la sua compagnia era tra le più ricercate e, quando con un amico, quando con un altro, aveva sempre il posto assicurato.
Un po’ per la bassa statura, un po’ per l’arguzia e la simpatia che contraddistingueva il suo modo di proporsi al prossimo, lo zio era considerato un po’ come una mascotte”.

Mario aveva la propria residenza all’istituto Giovanni Pascoli di Via Galilei (ovviamente prima che fosse trasferito in Via Mondolfi), a cui fu affidato fin dalla giovanissima età in quanto orfano d’entrambi i genitori.
“Il padre, siciliano, era sottufficiale della Marina Militare” continua Ennio “e, dopo un periodo trascorso a Cagliari, giusto il tempo di conoscere colei che è divenuta la propria moglie e di avere un figlio, mio padre (per inciso, mio padre amava a tal punto Livorno fino quasi a rinnegare le proprie origini isolane), fu trasferito alla Capitaneria di Porto di Livorno e qui, il 10 agosto del 1901, vide la luce Marino.
Allora, abitavano dalle parti di Via San Francesco e, a quanto si tramanda, a mia nonna capitava spesso di transitare di fronte alla bottega di un calzolaio di Via del Mulino, a sua volta nano, da cui sarebbe rimasta impressionata al punto da influenzare e addirittura determinare le fattezze e la statura del figlio che portava in grembo”.
Ennio ride nel raccontare l’episodio.

Col passare degli anni, Mario si deve essere ambientato alla casa di riposo di Via Galilei al punto da rimanervi per tutta la propria vita.
“Prima della guerra, mio padre, suo fratello, avrebbe voluto vederlo sistemato in maniera più vicina ad un a condizione considerata ‘normale’ ed aveva, addirittura, pensato di aiutarlo nel rilevare un’edicola di giornali tuttavia lui ha sempre rifiutato, forte della situazione di privilegio di cui godeva tra i residenti dell’istituto Giovanni Pascoli.
Il dottor Acquaviva, il direttore dell’istituto dell’ultimo periodo trascorsovi dallo zio Mario, gli voleva un gran bene e gli assegnava incarichi e commissioni su misura per lui.
Benché non fosse un vero e proprio impiegato e non percepisse alcuno stipendio, lo zio aveva il proprio ufficio in cui espletava le proprie funzioni in relazione alle disposizioni del direttore.
Inoltre, gli anziani domiciliati presso il ricovero, specialmente coloro che si muovevano con difficoltà a causa dei malanni dell’età avanzata, si avvalevano della sua collaborazione per riscuotere la mensilità della pensione, in cambio di un po’ di mancia che Mario, spessissimo, tramutava in ricevute del botteghino del Lotto.
"Era l’unico suo vizietto” sorride Ennio “nonostante i familiari cercassero in mille modi di dissuaderlo, giocava forte al Lotto, al limite dell’accanimento ma, per sua fortuna, vinceva piuttosto spesso ed arrivava a casa soddisfatto sventagliando i proventi della vincita di un ambo o di un terno.
Quando si rimproverava, in modo benevolo, perché non ha mai chiesto soldi a nessuno, mostrava 10 ricevute, quando magari, in realtà, aveva effettuato almeno una quindicina di giocate.
I più piccoli, come lo ero io all’epoca, erano i beneficiari delle sue vincite al gioco in quanto spesso arrivava con un apprezzato regalino”.

Oltre allo sport, Marino… Mario amava la fotografia ed Ennio, affrontando l’argomento, si alza dalla sedia e si reca verso i ripiani del mobile del salotto da cui preleva una vecchia macchina fotografica Kodak, con obiettivo a soffietto, che ci mostra con orgoglio: “Questo è l’ultimo regalo, o sarebbe più corretto definire ‘l’eredità’ che mi ha lasciato mio zio.
Da lui ho appreso i segreti della fotografia, di cui era davvero appassionato cultore.
Non aveva soggetti preferiti: i suoi interessi svariavano dai panorami mozzafiato della piazza del Santuario di Montenero ai ritratti femminili, dai tramonti sulla Terrazza Mascagni alle manifestazioni sportive.
Chi scattava fotografie, una settantina d’anni orsono, non aveva l’ausilio di esposimetri, teleobiettivi, grandangolari e correttori d’esposizione, la buona riuscita di un’istantanea dipendeva dal polso fermo e dall’occhio che traguardava attraverso il mirino della macchina fotografica… e devo dire che lo zio era davvero molto capace.
Purtroppo delle sue foto non è rimasto praticamente nulla, cannibalizzato a destra e a manca da parenti amici e conoscenti”.
Ennio racconta di essere stato costretto ad abbandonare Livorno e l’Italia per un lungo periodo, a causa di gravi problemi di salute, e teme che proprio, in quel periodo, parte della propria collezione fotografica si sia dispersa nel corso degli inevitabili traslochi dovuti ai ripetuti cambi di residenza.
“Facevamo spesso fotografie ad una bella ragazzina, di pochi anni più grande di me tuttavia ben più donna di quanto non fossi uomo io, che abitava nella zona dei fossi.
Ricordo di una volta, al moletto d’Ardenza in cui, non sapendo ancora nuotare, mi mostrai timoroso nell’entrare in acqua.
Quella ragazzina mi tolse da ogni impiccio e, con uno spintone, mi scaraventò di sotto, costringendomi ad imparare.
Come si dice da noi: o bere o affogare! Anche lo zio era un discreto nuotatore nonostante le dimensioni degli arti, soprattutto delle gambe, non lo agevolassero”.

Forte della propria condizione di scapolo, benché la condizione fisica lasciasse a desiderare e non avesse mai neanche preso la patente, lo zio Mario era sempre pieno di donne.
Probabilmente si faceva apprezzare per la discreta cultura e l’intelligenza che dimostrava nelle proprie conversazioni, nonostante potesse contare esclusivamente sulla licenza di quinta elementare, un lusso se paragonata al grado d’istruzione medio della gente dell’epoca.
Leggeva tantissimo e non aveva preferenze spaziando da libri a giornali, in prevalenza sportivi, ma non solo.
Per quanto riguarda i rapporti con le donne, comunque, si diceva in giro che, laddove la natura era stata ben poco generosa nel conferirgli un aspetto estetico tutt’altro che attraente, la stessa natura avrebbe abbondantemente rimediato nella fornitura di attributi meno appariscenti tuttavia notevolmente apprezzati da una certa categoria di rappresentanti del sesso femminile.
Magari è proprio questo il motivo per cui non si è mai preoccupato d’impegnarsi in una duratura relazione sentimentale.

Ennio butta sul tavolo un episodio dell’immediato dopo guerra: “Al Gimnasium, lo zio partecipò ad uno spettacolo di Sergio Galli, uno dei tanti allestiti dal comico livornese a cui ha partecipato, il cui titolo mi sfugge, in cui interpretava un improponibile neonato.
Ho ancora fissa negli occhi l’immagine dello zio all’interno di una carrozzina, agghindato in tutto e per tutto come un bebé, con tanto di cuffietta orlata di trine in testa ed il ciuccio in bocca.
Ricordo di aver visto spesso in giro per casa una fotografia che lo ritraeva in quelle condizioni, purtroppo l’ho cercata a lungo ed in ogni dove, ma non sono stato capace di trovarla”.
Una conferma delle qualità artistiche del nostro beniamino è facilmente rintracciabile su internet: Mario del ricovero, pur da comparsa, interpretò il ruolo di Bonito nel famoso film “La Maja Desnuda” del 1958, diretto da Henry Koster e fregiato del David di Donatello d’oro dell’anno successivo per la miglior produzione.
In quell’occasione, Mario ha condiviso il set con attori del calibro di Ava Gardner (nel ruolo della Duchessa d’Alba), Antony Franciosa (Francisco Goya), Amedeo Nazzari, Gino Cervi e Lea Padovani… e scusate se è poco.
“Si, si!” conferma Ennio “Lo zio ha partecipato a diversi film, sempre interpretando parti di secondo piano, soprattutto con Erminio Macario, al tempo degli stabilimenti cinematografici della Pisorno.
Per colpa della mia memoria a corrente alternata, ricordo solo un titolo: ‘Il pirata sono io’, un film comico del 1940 interpretato dallo stesso Macario e da Tino Scotti… ma più di qui non si va!
Le esperienze sul set gli hanno consentito di conoscere, tra gli altri, Primo Carnera il gigante buono di Sequals, mito degli anni ’30 e la fotografia di Luciano Ciriello che ritrae la loro stretta di mano è appesa in molti angoli della nostra città”.

Il 29 luglio del 1973, dunque proprio alle soglie dei 72 anni, al termine di un breve periodo d’infermità, tipico di certe tare ereditarie, Mario ha preso la via del mondo dei più e purtroppo, ad oggi, non c’è più traccia neanche della sua tomba: “Alla scadenza dei venticinque anni dalla sua scomparsa, i resti dello zio Mario sono stati rimossi, in accordo con la regolamentazione vigente.
Era il periodo in cui io mi trovavo negli Stati Uniti a cercare una soluzione ai già citati gravi problemi di salute e mi sono molto rammaricato scoprendo, al mio rientro in città, che la tomba era stata smantellata e rimpiazzata: ne fossi stato informato avrei senz’altro provveduto a riscattarla per mantenere vivo il ricordo di un uomo che la popolazione di Livorno ha sempre dimostrato di amare davvero”.

Un altro tassello della tradizione popolare labronica che rischia di essere travolto e, ahimé, disgregato dell’incedere degli eventi.

https://collaborazionigiornalistiche.my ... pentagono/



Il suo nome era Mario. Per tutti Mario del ri'overo.
Un omino piccino piccino, alto a dir tanto un metro e trenta.
Nato a Messina e caduto in disgrazia subito per la prematura morte dei genitori a causa del terribile terremoto del 28 dicembre 1908.
Così, orfano, si trasferì a Livorno e ben presto venne "adottato" proprio dal Ricovero che ne suggellò il suo attributo.
Mario era un uomo dolcissimo e di una sensibilità enorme.
Nonostante la sua figura e il suo portamento a dir poco buffo, seppe affrontare la vita con enorme disinvoltura, accattivandosi da sempre la simpatia dei livornesi.

http://www.livornomagazine.it/Livornesi ... covero.htm



qui la scheda da attore:
https://www.imdb.com/name/nm1742654/
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ateo
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Re: Personaggi di oggi e di ieri

Messaggio da ateo »

boia PIAZZA ....o dove l hai trovata la foto????
Il tempo aveva cancellato il mio ricordo della sua fisionomia ..e penza'che grazie allo zio di mi pa,zio ospite pure lui der pascoli ni detti la mano,erano gli anni 50...quando, seoli dopo, usci PICCOLO GRANDE UOMO di Penn pensavo ar povero MARIO
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Re: Personaggi di oggi e di ieri

Messaggio da piazza »

ateo ha scritto: gio 20 mag 2021, 21:06 boia PIAZZA ....o dove l hai trovata la foto????
Il tempo aveva cancellato il mio ricordo della sua fisionomia ..e penza'che grazie allo zio di mi pa,zio ospite pure lui der pascoli ni detti la mano,erano gli anni 50...quando, seoli dopo, usci PICCOLO GRANDE UOMO di Penn pensavo ar povero MARIO
Le foto sono in rete...quella con Carnera c’è anche dal Civili dietro il bancone.
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Re: Personaggi di oggi e di ieri

Messaggio da Jobbe »

ateo ha scritto: gio 20 mag 2021, 21:06 boia PIAZZA ....o dove l hai trovata la foto????
Il tempo aveva cancellato il mio ricordo della sua fisionomia ..e penza'che grazie allo zio di mi pa,zio ospite pure lui der pascoli ni detti la mano,erano gli anni 50...quando, seoli dopo, usci PICCOLO GRANDE UOMO di Penn pensavo ar povero MARIO

O un lo sapevi che era anche tifoso Amaranto? Eccotelo negli anni 60

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Re: Personaggi di oggi e di ieri

Messaggio da piazza »

a proposito di personaggi di Livorno...quando ero un ragazzetto, mi ricordo che era il vero terrore di tutti noi che col motorino si passava per l'Attias, per via Ricasoli e soprattutto Piazza Cavour.
E' proprio vero, un personaggio dall'altra parte della barricata, ma che andandosene mi fa una tristezza infinita.
ciao Batman.

Addio all'ex vigile Ruggero Somigli, la Municipale piange "Batman": "Se ne va un pezzo della nostra storia"

Si è spento all'età di 82 anni Ruggero Somigli, ex ufficiale della polizia municipale di Livorno in pensione e conosciuto in città con il soprannone di "Batman".
Somigli apparteneva al nucleo dei motociclisti e negli anni 80-90 era stato definito il "terrore dei ragazzini" che con i loro motorini imperversavano per le strade cittadine.
"Se ne va un pezzo della nostra storia e anche di Livorno" ricordano i colleghi.
L'ex agente lascia la moglie e due figli di 55 e 48 anni. I suoi funerali si svolgeranno oggi, lunedì 14 giugno, nella camera ardente dell'ospedale.

Addio a Ruggero Somigli, chi era il "Batman" della Municipale

Nato nel dicembre del 1938, Somigli era entrato nel corpo nel 1963 rinunciando al posto fisso all'Enel.
Divenuto in poco tempo vigile motociclista e istruttore direttivo, memorabili con il tempo sono diventati i suoi inseguimenti sui mezzi a due ruote.
Le sue azioni hanno ispirato tanti giovani che sono entrati nella Municipale seguendo il suo esempio.
"Oltre trent'anni di lavoro insieme pur con visioni molto diverse ma rispetto reciproco - ricorda il collega Stefano Marconi -. Mi hai insegnato tanto e non potrò mai scordare quando prima di andare in pensione mi hai regalato il tuo cappello".
"Era un sergente - sottolinea l'agente Vincenzo Cristiano -, mi ha fatto vedere i sorci verdi ma devo dire che mi ha formato professionalmente e umanamente".
Dello stesso tenore anche le parole di Alessandro Ciapini, direttore Confesercenti provinciale Livorno: "Sono davvero dispiaciuto. Ruggero era una persona rude dal cuore grande, da ragazzi ci ha terrorizzato per anni in Via Ricasoli e Piazza Attias. Lo ricordo con tanto affetto".

Il ricordo della comandante Maritan: "Un vero ufficiale"

"Ho conosciuto Ruggero quando sono entrata nel corpo di Livorno 21 anni fa - ricorda la comandante Annalisa Maritan - e posso affermare che ha rappresentato un riferimento per tutti i colleghi.
Autorevole, carismatico, e preparatissimo sul codice della strada, ha ricoperto un ruolo di coordinamento sia per il personale motociclista e in generale per chi svolgeva il servizio esterno.
Un vero ufficiale, che ha lasciato il segno in tutti coloro che lo hanno conosciuto".

https://www.livornotoday.it/cronaca/rug ... vorno.html



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Re: Personaggi di oggi e di ieri

Messaggio da Dattero »

Mario Puccini

Mostra di Puccini, pittore Livornese, a Livorno.
Io vado.
Posto articolo del Fatto a riguardo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/0 ... a/6238283/
Cianciua ci fai veni' l'antua
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Re: Personaggi di oggi e di ieri

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Monica Giorgi e Bruce Biddle

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