Testimonianza e tradizione...a briglia sciolta

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19=L=15
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Re: Testimonianza e tradizione...a briglia sciolta

Messaggio da 19=L=15 »

Boh lo metto qui...
Così...trovato in un libro sul risorgimento che nulla ha a vedere con Livorno, però si trova/trovava sempre la maniera di farsi riconoscere

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:lol:
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Badabozzi
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Re: Testimonianza e tradizione...a briglia sciolta

Messaggio da Badabozzi »

19=L=15 ha scritto: ven 7 lug 2023, 18:18 Boh lo metto qui...
Così...trovato in un libro sul risorgimento che nulla ha a vedere con Livorno, però si trova/trovava sempre la maniera di farsi riconoscere

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:lol:
Avevano ancora impresso i moti del '48, quando fecero scappare da Livorno, il Granduca Leopoldo, proclamando un governo cittadino autonomo.
Fu il primo atto che portò all'ingresso austriaco dell'11 maggio da porta San Marco.
Non si sa(non so)se sia leggenda o meno, ma qualche giorno prima, gruppi di livornesi andarono a Firenze a fare casino perché i fiorentini volevano la restaurazione.
Nell'articolo che lessi, e che parlava di questo episodio, furono paragonati a dei novelli black-block.
Non stupisce che, sebbene a distanza di decine di anni, ci fosse per le autorità, il timore di trovarsi davanti i nostri antenati.
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19=L=15
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Re: Testimonianza e tradizione...a briglia sciolta

Messaggio da 19=L=15 »

Badabozzi ha scritto: ven 7 lug 2023, 20:27 Non si sa(non so)se sia leggenda o meno, ma qualche giorno prima, gruppi di livornesi andarono a Firenze a fare casino perché i fiorentini volevano la restaurazione.
Nell'articolo che lessi, e che parlava di questo episodio, furono paragonati a dei novelli black-block.
Tutto documentato in questo libro qui che consigliai tempo fa
19=L=15 ha scritto: mer 11 mag 2022, 14:54 Per chi interessato consiglio questo:

https://www.ibs.it/nessuna-bandiera-bia ... 8889530771

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Buon 11 maggio!
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Badabozzi
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Re: Testimonianza e tradizione...a briglia sciolta

Messaggio da Badabozzi »

19=L=15 ha scritto: ven 7 lug 2023, 21:39 Immagine
Sfuggitissimo!!!!
Provvedo a cercarlo
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Fabio
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Re: Testimonianza e tradizione...a briglia sciolta

Messaggio da Fabio »

Silvia Finzi: “La Tunisia che salvò noi ebrei toscani ora è preda del razzismo contro i neri”
Erede di una famiglia rifugiata a Tunisi nel 1829, ha fondato e dirige il Corriere di Tunisi: "I tunisini sono aperti e accoglienti, ma i subsahariani sono diventati il capro espiatorio di una grave crisi economica”
In quel groviglio di stradine, dove il quartiere del Kram si allunga verso il mare, ci sono alcune case antiche dai giardini fioriti, dove un tempo abitavano i Cardoso, i Levi, i Moreno. Erano gli ebrei toscani di Tunisi. “Sono rimasta solo io”, dice Silvia Finzi, 68 anni. La sua famiglia giunse da Livorno su queste spiagge nel lontano 1829.


Link: https://www.repubblica.it/esteri/2023/0 ... ref=search

A partire da questo articolo, ho voluto approfondire di più su questa famiglia Livornese; Nencio mi ha dato una mano a trovare del materiale di più di 10 anni fa!

Elia Finzi e la Tunisia

Domenica 16 settembre, a 85 anni, ci ha lasciati Elia Finzi, storico direttore del Corriere di Tunisi, il giornale in lingua italiana (l’unico rimasto nel mondo arabo) che guidava dal 1963. Nonostante i problemi di salute non aveva mai lasciato la direzione della testata, contribuendo a raccontare la Tunisia contemporanea con un particolare interesse per la recente rivoluzione dei gelsomini. Il mondo dell’informazione italiana all’estero ha perso un punto di riferimento, un uomo che ha rappresentato per la nostra comunità a Tunisi un pilastro e una guida insostituibile. Oltre a dirigere il giornale, su cui firmava in ogni numero l’editoriale “Nostri problemi”, Finzi è stato presidente del Comites e uno dei fondatori della FUSIE (Federazione Unitaria della Stampa Italiana all’Estero).

Il primo numero del Corriere venne dato alle stampe nel 1869, per poi essere chiuso durante il protettorato francese (1881-1956). Un silenzio lungo, dovuto anche alla volontà delle autorità coloniali francesi di vietare qualsiasi pubblicazione in lingua italiana. Il Corriere di Tunisi, dal marzo del 1956, anno in cui fu rifondato dal padre Giuseppe, non ha più interrotto le pubblicazioni, sebbene la comunità italiana si sia fortemente ridotta e nonostante le difficoltà economiche che a più riprese ne hanno messo a dura prova l’esistenza.

“Elia Finzi ha creduto sino all’ultimo nel dialogo tra le culture, tra i popoli, tra le persone. Ha lottato tutta la sua vita per mantenere viva la collettività italiana in Tunisia, dandogli una voce, quella del giornale, e crediamo che per lui e per noi oggi più che mai sia necessario assicurarne la continuità”. Questo è il messaggio inviato dalla redazione del Corriere e dai figli Silvia, docente universitario, e Claudio, più addentro all’attività di conduzione della tipografia di famiglia, pronti a raccogliere il testimone. Una storia che di parole, di ricordi e di menzioni ne meriterebbe tante.

Il mio incontro con Elia Finzi
Ero a Tunisi da poche settimane, nel mese di luglio dello scorso anno, quando mi recai in Rue de Russie per presentarmi all’Ambasciatore italiano e informarlo sulla presenza della nostra missione di osservazione elettorale in vista delle storiche elezioni tunisine previste nell’ottobre successivo.

All’ingresso della strada, venendo dalla stazione dei treni, di fronte al filo spinato che circonda la nostra ambasciata, mi ritrovai innanzi alla vetrina dell’“Imprimerie Finzi, fondata nel 1829”. Aveva chiuso da pochi minuti. Sbirciai dall’esterno. Qualche giorno dopo tornai, catturato dall’odore delle stampe che emanava dalle macchine tradizionali di un tempo. Entrai. Alle spalle delle due impiegate tunisine, sulla sinistra, una scala di meno di dieci gradini portava all’ufficio del signor Elia, che intanto si affacciò. Con la voce roca e il corpo affaticato: parlava lentamente, sorrideva facilmente. Mi presentai e mi permisi qualche domanda sulla storia sua e della sua famiglia e sulla Tunisia. La prima risposta fu facile: “la storia della mia famiglia la si può trovare sui libri”.

Album di famiglia
Giulio Finzi si trasferì da Livorno a Tunisi dopo il fallimento dei moti carbonari del 1820-21 a cui partecipò. Sbarcò nella Reggenza di Tunisi insieme ad altri profughi provenienti da vari stati italiani. Ben accolti dall’Autorità beylicale, ebbero un ruolo importante nella modernizzazione dello Stato tunisino. Avevano una formazione laico-democratica e contribuirono alla creazione di infrastrutture, tra cui tipografie, ospedali, banche, scuole laiche e militari. Nonostante si trovassero a volte in contraddizione con le autorità, considerati di matrice “eccessivamente liberale”, furono incoraggiati a stabilirsi in modo definitivo in Tunisia, dove la famiglia Finzi continuò a risiedere anche dopo la proclamazione dell’Unità d’Italia.

Giulio Finzi, rilegatore di professione, nel 1829 aprì la prima tipografia privata in Tunisia. Inizialmente aveva sede nella Medina, in un lato del Palazzo Gnecco, celebre per aver ospitato la sezione di Tunisi della “Giovane Italia” di Giuseppe Mazzini e, per un breve periodo, nel 1838, Giuseppe Garibaldi. Dopo l’avvento del protettorato francese, la tipografia Finzi si spostò nella “città nuova”, in Rue de Russie. Nel 1956, con l’indipendenza della Tunisia, i Finzi ottennero finalmente l’autorizzazione a pubblicare “Il Corriere di Tunisi”, non concessa dai francesi.

Oltre ai lavori di stampa, la famiglia di Elia Finzi è stata ideatrice, con l’Ambasciata d’Italia, di un progetto di recupero della memoria italiana in Tunisia attraverso l’edizione di volumi che trattano alcuni tra i temi più significativi della storia della collettività, tra cui “Memorie italiane di Tunisia” e “Mestieri e professioni degli Italiani di Tunisia”. Fino al secondo dopoguerra gli italiani in Tunisia erano circa 80 mila, mentre oggi sono meno di 10 mila. Nel 2001 Elia Finzi e il figlio Claudio hanno aperto una nuova tipografia nella zona industriale di Tunisi, la Finzi Usines Graphiques, a scala più industriale e maggiormente corrispondente alle ultime innovazioni tecnologiche, mantenendo la storica sede in Rue di Russie.

…e la Tunisia?
Per la seconda questione, rimandammo ad un’altra occasione. Era quasi ora di pranzo, il signor Elia stava per rientrare a casa e la sua condizione non gli permetteva di restare in bottega più di quanto facesse. E da allora passavo a salutarlo tutte le volte che mi recavo in ambasciata o in centro città. Ogni occasione significava apprendere qualcosa sul tempo che viviamo, sul contesto tunisino e sul sentimento di molti italiani residenti all’estero: un po’ stranieri, molto italiani. Significava riflettere sulla buona accoglienza ricevuta dagli italiani che fuggivano alle conseguenze dei moti ottocenteschi e sulla morte e il rigetto che incontrano i tunisini e gli altri maghrebini che vengono da noi a cercare la loro primavera. Ma di Elia Finzi colpiva, ad oltre ottant’anni, la volontà di innovare, di percorrere nuove strade, di aprire ponti e dialogo con i giovani.

Qualche settimana prima di lasciare la Tunisia, andai a trovarlo (e intervistarlo) insieme all’amico Peppe Provenzano. Fu un incontro di circa due ore durante il quale si aggiunsero sua moglie Lea prima, e poi Emanuela con il nostro piccolo Claudio, che aveva appena dieci mesi e incontrava la Storia.

Intervista con Elia Finzi, Tunisi, 12 novembre 2011
(dal reportage di Provenzano pubblicato sull’inserto del Riformista di domenica 8 gennaio 2012)

Link: https://www.ilpost.it/michelecamerota/2 ... a-tunisia/
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Re: Testimonianza e tradizione...a briglia sciolta

Messaggio da 19=L=15 »

Fabio ha scritto: mer 9 ago 2023, 8:59 Silvia Finzi: “La Tunisia che salvò noi ebrei toscani ora è preda del razzismo contro i neri”
Erede di una famiglia rifugiata a Tunisi nel 1829, ha fondato e dirige il Corriere di Tunisi: "I tunisini sono aperti e accoglienti, ma i subsahariani sono diventati il capro espiatorio di una grave crisi economica”
In quel groviglio di stradine, dove il quartiere del Kram si allunga verso il mare, ci sono alcune case antiche dai giardini fioriti, dove un tempo abitavano i Cardoso, i Levi, i Moreno. Erano gli ebrei toscani di Tunisi. “Sono rimasta solo io”, dice Silvia Finzi, 68 anni. La sua famiglia giunse da Livorno su queste spiagge nel lontano 1829.


Link: https://www.repubblica.it/esteri/2023/0 ... ref=search

A partire da questo articolo, ho voluto approfondire di più su questa famiglia Livornese; Nencio mi ha dato una mano a trovare del materiale di più di 10 anni fa!

Elia Finzi e la Tunisia

Domenica 16 settembre, a 85 anni, ci ha lasciati Elia Finzi, storico direttore del Corriere di Tunisi, il giornale in lingua italiana (l’unico rimasto nel mondo arabo) che guidava dal 1963. Nonostante i problemi di salute non aveva mai lasciato la direzione della testata, contribuendo a raccontare la Tunisia contemporanea con un particolare interesse per la recente rivoluzione dei gelsomini. Il mondo dell’informazione italiana all’estero ha perso un punto di riferimento, un uomo che ha rappresentato per la nostra comunità a Tunisi un pilastro e una guida insostituibile. Oltre a dirigere il giornale, su cui firmava in ogni numero l’editoriale “Nostri problemi”, Finzi è stato presidente del Comites e uno dei fondatori della FUSIE (Federazione Unitaria della Stampa Italiana all’Estero).

Il primo numero del Corriere venne dato alle stampe nel 1869, per poi essere chiuso durante il protettorato francese (1881-1956). Un silenzio lungo, dovuto anche alla volontà delle autorità coloniali francesi di vietare qualsiasi pubblicazione in lingua italiana. Il Corriere di Tunisi, dal marzo del 1956, anno in cui fu rifondato dal padre Giuseppe, non ha più interrotto le pubblicazioni, sebbene la comunità italiana si sia fortemente ridotta e nonostante le difficoltà economiche che a più riprese ne hanno messo a dura prova l’esistenza.

“Elia Finzi ha creduto sino all’ultimo nel dialogo tra le culture, tra i popoli, tra le persone. Ha lottato tutta la sua vita per mantenere viva la collettività italiana in Tunisia, dandogli una voce, quella del giornale, e crediamo che per lui e per noi oggi più che mai sia necessario assicurarne la continuità”. Questo è il messaggio inviato dalla redazione del Corriere e dai figli Silvia, docente universitario, e Claudio, più addentro all’attività di conduzione della tipografia di famiglia, pronti a raccogliere il testimone. Una storia che di parole, di ricordi e di menzioni ne meriterebbe tante.

Il mio incontro con Elia Finzi
Ero a Tunisi da poche settimane, nel mese di luglio dello scorso anno, quando mi recai in Rue de Russie per presentarmi all’Ambasciatore italiano e informarlo sulla presenza della nostra missione di osservazione elettorale in vista delle storiche elezioni tunisine previste nell’ottobre successivo.

All’ingresso della strada, venendo dalla stazione dei treni, di fronte al filo spinato che circonda la nostra ambasciata, mi ritrovai innanzi alla vetrina dell’“Imprimerie Finzi, fondata nel 1829”. Aveva chiuso da pochi minuti. Sbirciai dall’esterno. Qualche giorno dopo tornai, catturato dall’odore delle stampe che emanava dalle macchine tradizionali di un tempo. Entrai. Alle spalle delle due impiegate tunisine, sulla sinistra, una scala di meno di dieci gradini portava all’ufficio del signor Elia, che intanto si affacciò. Con la voce roca e il corpo affaticato: parlava lentamente, sorrideva facilmente. Mi presentai e mi permisi qualche domanda sulla storia sua e della sua famiglia e sulla Tunisia. La prima risposta fu facile: “la storia della mia famiglia la si può trovare sui libri”.

Album di famiglia
Giulio Finzi si trasferì da Livorno a Tunisi dopo il fallimento dei moti carbonari del 1820-21 a cui partecipò. Sbarcò nella Reggenza di Tunisi insieme ad altri profughi provenienti da vari stati italiani. Ben accolti dall’Autorità beylicale, ebbero un ruolo importante nella modernizzazione dello Stato tunisino. Avevano una formazione laico-democratica e contribuirono alla creazione di infrastrutture, tra cui tipografie, ospedali, banche, scuole laiche e militari. Nonostante si trovassero a volte in contraddizione con le autorità, considerati di matrice “eccessivamente liberale”, furono incoraggiati a stabilirsi in modo definitivo in Tunisia, dove la famiglia Finzi continuò a risiedere anche dopo la proclamazione dell’Unità d’Italia.

Giulio Finzi, rilegatore di professione, nel 1829 aprì la prima tipografia privata in Tunisia. Inizialmente aveva sede nella Medina, in un lato del Palazzo Gnecco, celebre per aver ospitato la sezione di Tunisi della “Giovane Italia” di Giuseppe Mazzini e, per un breve periodo, nel 1838, Giuseppe Garibaldi. Dopo l’avvento del protettorato francese, la tipografia Finzi si spostò nella “città nuova”, in Rue de Russie. Nel 1956, con l’indipendenza della Tunisia, i Finzi ottennero finalmente l’autorizzazione a pubblicare “Il Corriere di Tunisi”, non concessa dai francesi.

Oltre ai lavori di stampa, la famiglia di Elia Finzi è stata ideatrice, con l’Ambasciata d’Italia, di un progetto di recupero della memoria italiana in Tunisia attraverso l’edizione di volumi che trattano alcuni tra i temi più significativi della storia della collettività, tra cui “Memorie italiane di Tunisia” e “Mestieri e professioni degli Italiani di Tunisia”. Fino al secondo dopoguerra gli italiani in Tunisia erano circa 80 mila, mentre oggi sono meno di 10 mila. Nel 2001 Elia Finzi e il figlio Claudio hanno aperto una nuova tipografia nella zona industriale di Tunisi, la Finzi Usines Graphiques, a scala più industriale e maggiormente corrispondente alle ultime innovazioni tecnologiche, mantenendo la storica sede in Rue di Russie.

…e la Tunisia?
Per la seconda questione, rimandammo ad un’altra occasione. Era quasi ora di pranzo, il signor Elia stava per rientrare a casa e la sua condizione non gli permetteva di restare in bottega più di quanto facesse. E da allora passavo a salutarlo tutte le volte che mi recavo in ambasciata o in centro città. Ogni occasione significava apprendere qualcosa sul tempo che viviamo, sul contesto tunisino e sul sentimento di molti italiani residenti all’estero: un po’ stranieri, molto italiani. Significava riflettere sulla buona accoglienza ricevuta dagli italiani che fuggivano alle conseguenze dei moti ottocenteschi e sulla morte e il rigetto che incontrano i tunisini e gli altri maghrebini che vengono da noi a cercare la loro primavera. Ma di Elia Finzi colpiva, ad oltre ottant’anni, la volontà di innovare, di percorrere nuove strade, di aprire ponti e dialogo con i giovani.

Qualche settimana prima di lasciare la Tunisia, andai a trovarlo (e intervistarlo) insieme all’amico Peppe Provenzano. Fu un incontro di circa due ore durante il quale si aggiunsero sua moglie Lea prima, e poi Emanuela con il nostro piccolo Claudio, che aveva appena dieci mesi e incontrava la Storia.

Intervista con Elia Finzi, Tunisi, 12 novembre 2011
(dal reportage di Provenzano pubblicato sull’inserto del Riformista di domenica 8 gennaio 2012)

Link: https://www.ilpost.it/michelecamerota/2 ... a-tunisia/
Molto bello
A chi interessato consiglierei anche questo:

https://www.ibs.it/nostalgia-di-livorne ... gLsvPD_BwE
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Re: Testimonianza e tradizione...a briglia sciolta

Messaggio da Etruria »

Convento dei Domenicani:
È il palazzo adiacente alla bellissima chiesa nel cuore della Venezia. In quel palazzo,un tempo carcere, furono tra l' altro detenuti nel periodo fascista grandi uomini quali Sandro Pertini, Ilio Barontini e Cesare Nassi.
Ecco piange veramente il cuore a vedere un palazzo così bello e in un contesto veramente d' eccezione come i canali medicei della Venezia,tanto rovinato e deturpato da scritte e insulsi vandalismi. Una offesa per la città intera che passa sotto silenzio e un insulto e uno sfregio alla memoria di questi grandi uomini che per un mondo più libero e giusto pagarono il prezzo della libertà.
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Re: Testimonianza e tradizione...a briglia sciolta

Messaggio da piazza »

Addio Balloni, il chiosco dei sogni: «Qui la vita è stata un bel gioco». Le puntate a mezzanotte e quel “13” del corniciaio Petrucci
Livorno: per 60 anni è stata la ricevitoria dove i livornesi hanno tentato la fortuna. Dal Totocalcio al Totip, fino alla Lotteria e ai biglietti per stadio e palazzetto. La struttura in piazza Cavour abbattuta da una ruspa nei giorni scorsi: «Finisce un’era»

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LIVORNO. Un colpo di ruspa ha spazzato via sogni, ricordi e speranze di generazioni di livornesi. Il 25 di settembre, è stato l’ultimo giorno in cui un altro angolo di Livorno ha mantenuto la caratteristica alla quale eravamo talmente abituati, da non farci più caso quando a piedi ci si passava fino a sfiorarlo. Nulla però da adesso sarà come prima, dopo che un mezzo meccanico ha rimosso la baracchina del chiosco Balloni, celebre ricevitoria e rivendita di biglietti per lo stadio e il palazzetto. Per i pochi che non lo sapessero è quel punto della piazza Cavour dove a un tiro di schioppo potersi recare a prendere un caffè al bar Folletto, o girare inforcando via Sansoni, stradina dalla quale si accedeva poi in via de Lanzi, nel bel periodo che si identifica negli anni Ottanta, come sede di pellegrinaggio per i giovani appassionati di musica varcando l’uscio di Emo Hi-Fi.

Gli inizi e la Topolino

In meno di un’ora, è stata cancellata una storia iniziata nell’immediato dopoguerra, quando l’attività cominciata da Fausto Balloni con la moglie Mary, era di ambulante del settore. Fu il primo a Livorno a offrire questo servizio, ingegnandosi e intuendo la grande opportunità. Copriva tutti i rioni per permettere di giocare la schedina della Sisal a tutti quelli che volevano farlo. Un richiamo per gli uomini, come le sirene per Ulisse, vedendo arrivare quella Topolino che una volta parcheggiata apriva sportelli, spianava i banchetti per avere un punto d’appoggio w scrivere il pronostico: 1X2. Poco complicato ufficializzare la giocata. Niente macchina validatrice, non c’era bisogno di avere la corrente. C’era una striscia che si incollava sulla schedina, con i numeri di serie corrispondenti sia per la figlia (che restava in possesso di chi giocava) che per la matrice. Parti che poi si separavano dividendole “a strappo” con l’aiuto di un righello. Le persone sciamavano senza sosta. Era il miraggio di una vita agiata, ideata dal giornalista della Gazzetta, Massimo Della Pergola, che portò al primo concorso, il 5 maggio 1946, e col tagliando di colore rosa. Ovviamente, con gli amaranto in serie A, il pronostico numero 4 fu un Pro Livorno-Roma finito con un salomonico pari. La giocata aveva un costo di 30 lire, il montepremi di 463.146 lire ed Emilio Biasotti azzeccò 12 risultati su 12 (l’istituzione del 13 arrivò il 21 gennaio 1951) incassando la forte vincita. Impiegato romano, mise in banca una somma equivalente a quattro anni di stipendio di un operaio. Allora, ingenuamente, sul retro della parte che veniva ritirata, c’era lo spazio per mettere le generalità dello scommettitore che, scrivendo il proprio nome, non si curava se in caso di vincita, avrebbe rischiato visite continue di parenti ed amici in cerca di prestiti da restituire o anche no.

Il tredici di Petrucci

È il motivo per cui si seppe qualche anno dopo, di Danilo Petrucci, corniciaio in via dell’Indipendenza che nel’ 52 fece dal Balloni un 13 da 78 milioni di lire, straordinario per l’epoca. Si può dire che il potere di acquisto permetteva, con quei soldi, di comprare almeno una trentina di appartamenti di buona pezzatura in palazzi di nuova costruzione. «Si era già passati in quel periodo alla seconda fase dell’attività – dice Gabriele, nipote del capostipite – quella in cui il punto era diventato fisso in piazza Cavour, ma all’angolo con via Ginori, dove c’è la farmacia e dove si trova Milchestrasse. Il chiosco era una motrice di un trammino, con tanto di targa. Babbo Franco mi ha raccontato che quel signore poi non riuscì a conservare la fortuna che gli era capitata, a causa di certi investimenti sbagliati».

La seconda generazione

Piano piano, arriva appunto la seconda generazione con Franco, il figlio di Fausto, uomo di alta statura e di elegante portamento. Occhi azzurri che si illuminavano sempre quando si parlava di pallone e quando specialmente si parlava del Livorno. Fu tra i fondatori storici del Club Mario Magnozzi. Nel’59, lo spostamento definitivo, quello dove la memoria di quasi tutti i livornesi posizionano il chiosco. Una parte della baracchina, adibita alle giocate, all’esposizione del tabellone a slitta che scendeva, dove si inserivano i segni della schedina a fine delle partite per far controllare subito alle persone il proprio tagliando e che poi veniva riportato nella giusta posizione per essere letto anche a metri di distanza. Ma per chi si trovava ancora più lontano, c’era la possibilità di scorgere l’asta dalla quale si poteva capire l’esito del match dell’Unione Sportiva. Se si scorgeva issata la bandiera amaranto, significava che gli amaranto avevano vinto, oppure se in trasferta, almeno pareggiato. Se il drappo restava nel cassetto, significava che all’Ardenza il Livorno non aveva preso l’intera posta, oppure che aveva perso fuori.

I più curiosi, potevano avvicinarsi anche per prendere il Giornalino, il primo organo di informazione sportiva che usciva di stampa mentre i giocatori facevano ancora la doccia. Dalla parte che guardava la via Cairoli, anche l’edicola per la vendita di quotidiani e riviste, poi ceduta. Il lavoro non mancava del resto. Li dentro c’era ormai in pianta stabile Franco, la moglie Graziella, ancora sua mamma e anche Sara, una signora che nel fine settimana arrivava a dare una mano.

«Il sabato sera, era un delirio, le giocate finivano a mezzanotte e c’era sempre la coda inesauribile. I Balloni arrivavano al punto di raccolta Sisal in scali del Pesce in Venezia vicino alla vecchia caserma dei vigili del fuoco, sempre in ritardo. Ormai lo sapevano. Del resto, fummo anche premiati come terza ricevitoria della Toscana per volume di gioco registrato – aggiunge Gabriele-. Si pensi, che mio padre, assieme a mio fratello Luca, sono stati i primi in città a elaborare in seguito il sistema ridotto del Totocalcio. Un periodo in cui i computer non c’erano ancora e si faceva tutto a mano».

La dea bendata

La chiamavano la ricevitoria fortunata. Nel ’92, la lotteria Italia infatti, si ricordò anche di Livorno con un robusto premio di seconda categoria. «Cento milioni vinti da un cliente abituale che risiedeva nella zona. E che si presentò da babbo con cinquecentomila lire. Sapeva che mi stavo comprando la macchina, un’Alfa 33, e con quei soldi volle farmi un regalo contribuendo all’acquisto dell’autoradio». Ma anche un paio di 5 al Superenalotto hanno fatto tremare il banco. Da lì, ritrovo vero degli sportivi, sono partiti anche i festeggiamenti quando il Livorno tornò in serie B con Guido Mazzetti in panchina e un attacco guidato da “Pecos Bill” Virgili, con Gigi Mascalaito sua privilegiata spalla (un po’come tanti anni dopo fu con Lucarelli e Protti) e lì, per immemore periodo, si sono venduti i biglietti per lo stadio: «Quante volte babbo o il sottoscritto, si è dovuti andare a fare nuovo rifornimento da Piero Mazzoni perché avevamo terminato la dotazione assegnata…».

Ricevitoria amaranto

Un idillio con il Livorno, terminato nei primi anni della presidenza Spinelli. «Cominciavano i circuiti di vendita, poi anche all’Ipercoop; sembrava ci facessero un favore a concedere i biglietti e in società non davano mai una risposta chiara. In fin dei conti, per noi era un introito limitato, lo vedevamo più come un servizio da dare alla gente. All’ennesima mezza risposta, decisi io. Interrompendo il rapporto. Una cosa brutta, perché per decine di anni, fino alla domenica mattina eravamo aperti alla vendita, e ricordo che da ragazzetto, mia madre ci faceva pranzare in fretta (allora le partite cominciavano alle 14, 30 ndr) , per permetterci di andare allo stadio a un orario in cui babbo portava prima i tagliandi invenduti e il relativo incasso. Dopo i 90 minuti di calcio, anche noi si faceva la famosa doppietta, andando al palazzetto, quando giocava la Peroni. Al chiosco, la domenica pomeriggio, in quelle occasioni, ci stava mamma».

Il Balloni, per tanti quasi sessantenni significa anche file interminabili per l’acquisto del ticket per la partita di pallacanestro. E per i derby, appena sapevi che erano arrivati i biglietti, scattava il passaparola. I cellulari non c’erano, ma in poco tempo era tutto congestionato e il rosario di persone arrivava fino all’angolo con scali D’Azeglio. E qualcuno ricorda ancora di essere arrivato finalmente al proprio turno e vivere una scena fantozziana: «Bimbo, son finiti».

La parabola degli affari

I primi scricchiolii, quando arrivò il Totogol, inizio anni ’90. Che piano piano soppiantò la classica schedina. Poi anche il Totip che fino a pochi anni prima sponsorizzava anche una grande scuderia del rally mondiale dopo il ritiro della Lancia ufficiale, entrò in sofferenza. Ma si agguantava bene lo stesso, soprattutto con l’avvento dei gratta e vinci. Il colpo più duro, con le scommesse in agenzia. Il segno di pronosticare sulla partita secca, il risultato finale, la possibilità di legare la giocata ad altri due o tre eventi anche diversi, la immediata riscossione eventuale. Finisce gratamente, spegnendosi come una candela arrivata al mattino, la poesia dei bei tempi che furono e il romanticismo della scommessa sportiva per come era nata.

L’attività viene ceduta nel 2009 pochi giorni dopo la morte di Franco e il nuovo proprietario diventa Marco Bernini pur restando con la medesima ragione sociale. Mantenuta anche con l’ultimo proprietario, Luca Barsotti.

La persona che con il groppo in gola, ha salutato un pezzo della nostra storia. Di noi, che ci sentiamo un po’ tutti, figli “der Balloni”.



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Re: Testimonianza e tradizione...a briglia sciolta

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Il laido in una maniera o nell'altra viene sempre fuori
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Etruria
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Re: Testimonianza e tradizione...a briglia sciolta

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È un cambio generale ed epocale
Che picchia su Livorno forse più di altrove..
Per anni siamo stati una città piena di chioschi ed edicole
Che comunque hanno dato lavoro a decine di famiglie
E ci hanno fatto compagnia andando a scuola,a lavoro
O semplicemente a zonzo in città.
Ora la crisi irreversibile della carta stampata e forse
Anche quella dei centri urbani
Che come in usa e uk
Saranno sempre più isole vuote e degradate
Sostituite dal commercio online
Livorno ovunque giocherai
Noi siamo della Nord e non ti lasceremo mai
E tutti uniti..

Magnozzi Stua Silvestri Merlo Bimbi Lessi Picchi
Lupo Balleri Maggini Miguel Cristiano Lucarelli IGOR
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