Riace si stringe attorno a Lucano “sfregiato” dalla condanna
Tanta solidarietà per l’ex sindaco che accoglieva i migranti
ma per la Commissione antimafia è “impresentabile”
Luciano Menconi
CATANZARO. Mimmo Lucano non si dà pace. Il giorno dopo la sentenza che lo ha condannato a 13 anni e due mesi per il modo in cui gestiva il Comune
di Riace – diventato con lui sindaco un modello di accoglienza nel mondo – continua a gridare la sua innocenza. «Sono un uomo onesto, per tutta la vita
ho combattuto la mafia, mi fa rabbia che sia stata attaccata la mia moralità». Non bastano ad alleviare il dolore i tantissimi attestati di stima, le manifestazioni di solidarietà in tutta Italia, le prese di posizione di politici, sindacalisti, sacerdoti.
E quando la sua Riace scende in piazza per abbracciarlo lui cede e scoppia in un pianto irrefrenabile.
Prima di lasciarsi andare, di fronte alla sua gente ha ribadito quello che va dicendo da giovedì sera, quando il tribunale di Locri ha emesso una sentenza
clamorosa. «Non ho nessuna cosa nella vita se non l’orgoglio di avere, per anni, inseguito un ideale e di aver fatto cose che mi davano una fortissima
gratificazione, essere di aiuto a tantissime persone arrivate a Riace in fuga dalle guerre, dalla povertà. Questo dava valore a quello che stavo facendo,
che non era una cosa persa. Nel mio immaginario era come dare un aiuto al mondo. Non ho ammazzato nessuno e mi sono speso fino in fondo
contro le mafie, il vero sistema che opprime i territorio. Riace – ha detto all’assemblea di solidarietà nei suoi confronti voluta da organizzazioni sociali,
sindacati e movimenti del terzo settore – è stata una soluzione di umanità».
La sentenza ha prodotto anche un ulteriore effetto: rende Lucano, candidato al consiglio regionale con una lista che sostiene il candidato presidente
Luigi De Magistris, «impresentabile ». L’ex sindaco di Riace, sottolinea Nicola Morra, presidente della commissione parlamentare antimafia che
ha stilato l’elenco degli “impresentabili”, «ricade nella fattispecie prevista dall’articolo 8 comma 1 lettera a) della legge Severino: il candidato se eletto
risulterebbe sospeso di diritto, ha riportato infatti una condanna sebbene non definitiva per peculato ed abuso d’ufficio ». Una beffa oscena nei confronti di un uomo che in una terra di mafia ha rappresentato una speranza di riscatto.
La giornata di ieri intanto è stata segnata da sit-in di solidarietà nei suoi confronti (da Napoli a Firenze) e da dichiarazioni in suo favore. Dal segretario
del Pd Enrico Letta («questo tipo di sentenza e quello che è successo ieri aumentano la sfiducia nella popolazione ») al leader della Cgil Maurizio
Landini («condannare una persona onesta, che si è sempre battuta per salvaguardare gli ultimi e contrastare la ’ndrangheta, è una contraddizione
e uno choc in tutto il Paese »), da don Luigi Ciotti («Lucano mafioso non è, né si è arricchito, se violazioni sono state commesse per facilitare l’accoglienza, senza tornaconti personali, sarebbe il caso di utilizzare il minimo rigore») all’avvocato Giuliano Pisapia che l’ha difeso gratis perché Lucano non è in condizione di pagarsi un legale («è una sentenza che ha sconvolto tutti coloro che frequentano i tribunali come avvocati e magistrati»).
Opposto il parere di Matteo Salvini che anche ieri è tornato all’attacco: «Un tribunale ha condannato a 13 anni di galera il campione dei sindaci di
sinistra, quello che andava da Fazio, da Santoro, da Gruber. Quello che voleva riempire la Calabria di immigrati. Un tribunale ha detto perché voleva
tanto bene agli immigrati: non perché era buono ma perché – ha detto chiudendo la campagna elettorale della Lega – rubava sulla pelle di questa gente
i vostri soldi».
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Salvini che parla di rubare i soldi pubblici...ci vole proprio ghigna ...
