Lazio-LIVORNO 10 aprile 2005

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diego#22
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Lazio-LIVORNO 10 aprile 2005

Messaggio da diego#22 »

Presente in quel famoso Merda-Livorno.
Tra l'altro sono uno dei 14 (poi rimasti in 3) che vennero trattenuti e per i quali il treno si fermò.
Rientrai a Livorno la notte stessa (eravamo una decina o poco più), senza diffida.
Il mio compagno di trasferta fu trattenuto all'ingresso (con me ed altri 12 peones) poi rilasciato poi rifermato col treno. Rientrò a Livorno di mercoledì con 5 anni di diffida.
La mia fortuna? Essere privo di documenti.
Se interessa posso raccontare come andò (dal mio punto di osservazione ovviamente ).
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Dattero
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Re: Lazio-LIVORNO 10 aprile 2005

Messaggio da Dattero »

diego#22 ha scritto: sab 30 ott 2021, 14:15 "Questa è la partita dopo quel famoso Lazio-Livorno del primo anno in serie A."

Presente in quel famoso Merda-Livorno.
Tra l'altro sono uno dei 14 (poi rimasti in 3) che vennero trattenuti e per i quali il treno si fermò.
Rientrai a Livorno la notte stessa (eravamo una decina o poco più), senza diffida.
Il mio compagno di trasferta fu trattenuto all'ingresso (con me ed altri 12 peones) poi rilasciato poi rifermato col treno. Rientrò a Livorno di mercoledì con 5 anni di diffida.
La mia fortuna? Essere privo di documenti.
Se interessa posso raccontare come andò (dal mio punto di osservazione ovviamente ).
E lo chiedi? Racconta.
Cianciua ci fai veni' l'antua
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diego#22
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Re: Lazio-LIVORNO 10 aprile 2005

Messaggio da diego#22 »

Non mi faccio pregare.
Cercherò inoltre di non farla troppo lunga.

Il primo viaggio verso Roma venne annullato per la morte di papa coso 2.
Era ovviamente un cenno divino per suggerirci di non ritentare.
Ritentammo.

Partiamo in 2, mai stati ultras, cani sciolti da sempre (cani sciolti fa un certo effetto, in realtà siamo sciamannati da sempre).
In treno siamo circa 300 unità (ci contammo), quasi tutti coi tubi in pvc distribuiti alla stazione prima del derby di borgo stretto..io ne ero privo, d'altronde avevo da badare al vino rosso. Partiamo.

Alle varie stazioni prima di San Pietro gruppi di baldanzosi giovini labronici conquistano numerose sciarpe biancoblu (memorabile il "il fascista vallo a fare a casa tua!" dopo avergli preso la sciarpa degli Irriducibili. Beh, era a casa sua ma non per questo si salvò).

Arriviamo a Roma, autobus, stadio. Nessun problema. Entriamo, io no, ero privo di biglietto e sorprendentemente si sfavarono e fui il primo fermato. Il secondo fu il mio compare (il biglietto l'aveva ma era un biglietto del Goldoni). A seguire altri 12 ragazzi sorpresi con pezzi di striscioni sotto le felpe e per altre varie ed eventuali. Andiamo al posto di polizia fuori dalla curva, poche decine di metri.

Ci identificano, ci mettono in corridoio quando Doga colpisce il palo (avevano la tv vicino alla scrivania), noi 'bolleggiamo' e loro si (ri)sfavano e ci chiudono in 2 o 3 celle differenti, non ricordo di preciso. Al che, un bimbetto fresco fresco 18enne svela di aver fornito false generalità..ilarità amara e costernazione in 'cella', fu infatti il primo a lasciare il posto di polizia con una denuncia sul groppone. Chi aveva il documento fu rilasciato credo prima della fine del primo tempo tanto che furono liberi di entrare allo stadio, tra i quali il mio compare privo di biglietto. Rimanemmo in 3, privi di documento.

Montiamo in macchina.
Ci portano in altri uffici (presumo fosse l'immigrazione o giu di li), ci fanno l'identificazione con foto e impronte.
(Ri)montiamo in macchina (forse, questo passaggio non lo ricordo proprio bene).
Ci portano in altri uffici.

Restiamo li a grattarci i coglioni fino al tardo meriggio, quando uno di noi (che non conoscevo e che non conosco ma che feci uscire di la firmando come garante in quanto era minorenne...altrimenti sarebbero dovuti intervenire i genitori...non so se è vero ma dissero così) telefona al treno per dire che eravamo ancora la. Al che presumo sullo stesso si sparse la voce e fu tirato il freno (o almeno è così che immagino sia andata). Dopo poco venne un simpaticone a dirci che dovevano mandarci via in quanto di li a breve sarebbero arrivati tutti quelli del treno e che non avevano posto pure per noi 3 stronzi.

Montiamo in macchina.
Ci scaricano come merde a circa 1km dalla stazione (noi con sciarpe e tutto), ce la facciamo a piedi e montiamo sul primo treno diretto verso Livorno (ovviamente senza biglietto perchè siamo duri come le pine verdi). Troviamo una manciata di livornesi fuggiti dal treno, nelle stazioni successive altri montano alla spicciolata, pure loro fuggiti dal trappolone di san pietro. Riconosco Buo di Ulo, saremo quindici/venti persone in tutto forse meno.

Arriviamo a Livorno alle 3. Per noi la giornata finisce qua, senza botte o strascichi giudiziari. Di tutto il resto seppi il giorno dopo.
Resta il rammarico di non aver visto l'olimpico o meglio, il Livorno all'olimipco.
Ultima modifica di diego#22 il sab 30 ott 2021, 16:59, modificato 1 volta in totale.
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Dattero
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Re: Lazio-LIVORNO 10 aprile 2005

Messaggio da Dattero »

Hanno speso roccia a portavvi in macchina in su e giù.
Le cosiddette forze dell'ordine.
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BALDOeFIERO
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Re: Lazio-LIVORNO 10 aprile 2005

Messaggio da BALDOeFIERO »

Certe volte è una virgola, che non calcoli, che ti salva il culo.
Se ripenso che a 16-17 anni partivo per girà l’italia senza biglietto, senza una lira, col rischio di finí all’ospedale dalle botte che volavano … m’è andata di lusso una volta e via …

Bella testimonianza comunque diego.
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piazza
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Re: Lazio-LIVORNO 10 aprile 2005

Messaggio da piazza »

Boia Diego, m'hai (ri)fatto venì i brividi...nella partita dell'anno dopo infatti ci si dette il cambio, perchè s'era praticamente tutti velli che erano già stati diffidati gli anni prima e che a questa partita un ci potevano esse e quindi si "salvarono".
Poi quando ragioni di repressione e di come c'hanno tormentato, la gente casca dal pero...

Altre testimonianze e servizi:




Articolo de Il Tirreno:
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FOTO:

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Marchino66
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Re: Lazio-LIVORNO 10 aprile 2005

Messaggio da Marchino66 »

Io ci dovevo essere ma poi la rinviarono e la mi (ex) moglie mi rompeva il cazzo perchè non mi ricordo dove voleva s'andasse e quindi non andai a Roma.

Una delle poche cose per cui la ringrazio anche oggi.
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Telegrafico
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Re: Lazio-LIVORNO 10 aprile 2005

Messaggio da Telegrafico »

Fascisti di merda.
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MaxLabro
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Re: Lazio-LIVORNO 10 aprile 2005

Messaggio da MaxLabro »

La pagina più nera in tutti i sensi.

E' sempre comodo menare i più deboli
«Quando gioca la Lazio, a Roma, non c'è un solo agente, sia in borghese che in divisa, a vigilare in curva nord». Parole di un agente, riportate da l'Unità all’indomani di Lazio-Livorno. Da tempo, ufficiosamente, il comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica preferisce tenere lontano gli agenti dagli ultras laziali. Ma non solo: «Lo striscione fascista potrebbe essere stato esposto anche grazie a qualche appoggio “interno” allo stadio. D’altra parte sono noti gli appoggi politici di cui gode la Lazio». Le cosiddette "forze dell'ordine" sorvolano sulle svastiche e menano con ferocia i livornesi, perché sono pochi, antifascisti e soprattutto non hanno santi in AN. Gestito da chirichetti dello stampo di Galliani e Pescante, lo sport continua a marcire.
Da l'Unità del 12 aprile 2005
«Ci hanno schiacciati come bestie in 200 in appena metà vagone e picchiati con i manganelli, usando a distanza ravvicinata perfino le bombolette spray di gas urticante». È il racconto di Alberto Benedetti, capogruppo di Rifondazione comunista nel comune di Collesalvetti (Livorno) nonché tifoso degli amaranto in trasferta a Roma per la gara con la Lazio. Il treno che riportava gli ultras in Toscana è stato fermato alla stazione romana di San Pietro e, subito dopo, sono scoppiati violenti incidenti. «Abbiamo tirato il freno d’emergenza per attendere i ragazzi che erano stati fermati prima della partita, per non lasciarli da soli a Roma - spiega Benedetti - poi è scoppiato il finimondo e gli scontri con la polizia, anche a causa dell'ingenuità di qualcuno di noi che è caduto nella trappola delle provocazioni degli agenti». «La polizia ha tenuto un atteggiamento indisponente fin dall'inizio - dice - e ci sono stati tifosi letteralmente spogliati durante le perquisizioni. Hanno tolto sciarpe e bandiere, perfino le scarpe. Quei quattro fermati si erano rifiutati di togliere le felpe per non assistere alla gara seminudi e sono stati fermati».
Infine, Benedetti parla anche delle ore trascorse nella sede della polizia scientifica. «Ci hanno ammassati in un salone in attesa delle identificazioni e siamo stati derisi e apostrofati. Ho visto personalmente un poliziotto prendere a calci un paio di ragazzi che si erano addormentati perché non avevano risposto all'appello. Per ore non ci hanno fatto usare il bagno e a qualcuno è stato tolto persino il telefonino. Alla stazione di San Pietro ho sentito il racconto di molti tifosi che avrebbero visto agenti di polizia estrarre persino la pistola e puntarla contro il volto dei livornesi». Per Marco Susini, deputato livornese Ds, questi sono «racconti ancora tutti da verificare. Ma sento odore di G8, in quello che è successo... ». Questo il bilancio della trasferta: per sei dei trecento ultras livornesi è scattato l’arresto e, a carico di altri 250, c’è la denuncia con conseguente diffida dall’assistere a spettacoli sportivi. Le pratiche d’identificazione sono andate per le lunghe: per affrettare i tempi del rientro a Livorno, il centravanti degli amaranto Cristiano Lucarelli - assieme allo stesso Susini - ha reperito i tre pullman e ha coperto di tasca sua le spese necessarie per riportare a casa i tifosi che ieri nel tardo pomeriggio si trovavano ancora a Roma.
Sul sequestro dello striscione «Moby Prince, 140 morti senza giustizia: e i colpevoli?» che i sostenitori del Livorno avrebbero voluto esporre all'Olimpico nel 14° anniversario della tragedia, ieri è intervenuto Loris Rispoli, presidente del Comitato Moby Prince 140. «Da una parte - ha scritto il rappresentante dei familiari delle vittime a Berlusconi - è stato impedito ai tifosi livornesi di compiere un alto gesto di solidarietà e dall’altra si è concesso ai tifosi laziali di far entrare ed esporre simboli che la legge italiana proibisce». In un’altra lettera inviata da Rispoli al Capo dello Stato è scritto: «Zelanti funzionari hanno sequestrato lo striscione e a nulla sono valse le proteste dei tifosi. Così, mentre il prefetto e il questore di Livorno, e le forze dell’ordine tutte, erano al mio fianco a rendere omaggio alle vittime, le forze dell’ordine romane impedivano che lo stesso potessero fare i tifosi livornesi».

Link: https://onemoreblog.org/archives/005727.html



Lazio - Livorno, 10 aprile 2005. Sventolio di croci celtiche e di svastiche del Terzo Reich rimaste sugli spalti laziali per l’intera durata dell’incontro senza che nessuno si sia degnato di fare qualcosa per rimuoverle.
Fascisti laziali in curva, ma la polizia picchia i tifosi livornesi
Per qualche ora si è temuto il peggio ed il pensiero è andato subito a Genova. Il fantasma della scuola Diaz e della caserma Bolzaneto, la caserma delle sevizie e delle torture denunciate da migliaia di ragazzi, è ancora vivo e giunge drammaticamente alla mente ogni qual volta si sente parlare di fermi ed arresti di massa da parte delle forze di pubblica sicurezza.
Sono 254 i ragazzi del Livorno fermati ed identificati per danneggiamenti e 6 arrestati con l’accusa di violenza e resistenza a pubblico ufficiale.Giunti a Roma per assistere a Lazio-Livorno,partita numero 30 del Campionato italiano di calcio, fino alle 19 di ieri sera buona parte di loro erano ancora dislocati in almeno due caserme romane.
Voci di maltrattamenti da parte delle forze di Polizia (sembra che i ragazzi siano stati tenuti a digiuno per l’intera giornata e minacciati da alcuni agenti) e poche e ed evasive informazioni e dichiarazioni da parte della questura, lasciavano presagire uno scenario affatto tranquililzzante.
Una situazione che si è parzialmente sbloccata solo nel corso della serata ma che ha creato momenti di vivissima preoccupazione e di tensione tra le numerose famiglie livornesi coinvolte, tra le madri ed i padri che si sono recati davanti al prefettura di Livorno a chiedere conto di cosa stesse succedendo. Per qualche ora si è temuto il peggio ed il pensiero è andato subito a Genova. Il fantasma della scuola Diaz e della caserma Bolzaneto, la caserma delle sevizie e delle torture denunciate da migliaia di ragazzi, è ancora vivo e giunge drammaticamente alla mente ogni qual volta si sente parlare di fermi ed arresti di massa da parte delle forze di pubblica sicurezza.

Si torna nel clima cileno dei giorni genovesi ed è difficile non preoccuparsi o evitare di vigiliare con molta attenzione sulla correttezza dei comportamenti delle forze dell’ordine. E’questa forse la conseguenza più grave delle sevizie genovesi: avere creato un fondo di sfiducia ed uno strappo cittadini-forze dell’ordine che stenta a ricucirsi.
A conferma della preoccupazione e della delicatezza della situazione nel tardo pomeriggio il sindaco di Livorno Alessandro Cosimi, chiedeva alla prefettura di Roma di tutelare i tifosi toscani bloccati a Roma. «La mia prima e più importante preoccupazione» - ha spiegato il sindaco - è quella di riportare a casa i ragazzi rimasti a Roma dopo gli scontri con la polizia».
Portare in caserma 256 ragazzi, del resto, non è cosa da poco. Difficile pensare ad un reato di natura collettiva e la preoccupazione di genitori e istituzioni del comune toscano si è fatta sentire fin dalle prime ore della giornata. Telefonate e voci concitate dalla caserma alla prefettura di Livorno e dalla giunta comunale al ministero degli interni. Tutti con un unico interrogativo: che fine hanno fatto i 256 ragazzi di Livorno giunti a Roma per assistere alla partita Lazio-Livorno?
Una situazione che si è parzialmente risolta solo in tarda serata quando dalla questura di Roma è arrivata la conferma che tutti i ragazzi erano stati rilasciati. Attesi a Livorno in nottata, bisognerà verificare in quali condizioni sono stati rilasciati.

Una sfida calda quella dell’Olimpico. Una sfida che metteva di fronte gli ultras laziali tradizionalmente di destra con gli ultras livornesi di sinistra. La mano tesa di Di Canio contro il pugno chiuso di Lucarelli. E proprio nei giorni in cui il pontificato di Papa Giovanni Paolo II veniva elogiato da tutto il mondo per il riavvicinamento, voluto e ottenuto, con i "fratelli maggiori ebrei", la curva nord dell’Olimpico distante poche centinaia di metri dalla casa del Papa - pensava bene di intonare il coro: “Livornese ebreo”, accompagnandolo con uno sventolio di croci celtiche e di svastiche del Terzo Reich rimaste sugli spalti laziali per l’intera durata dell’incontro senza che nessuno si sia degnato di fare qualcosa per rimuoverle. Come se ciò non bastasse la curva biancoceleste ha intonato anche un bel “me ne frego”,un “boia chi molla” ed alla fine dell’incontro di calcio - perché è di questo che si sta parlando - ha esposto uno striscione gigante con la scritta “Roma è fascista”. Uno spettacolo indegno del quale il patron della Lazio Claudio Lotito si è sentitamente rammaricato declinando però ogni responsabilità e confermando l’impossibilità di poter intervenire.

«Lo sport» ha dichiarato il presidente della Lazio «deve prescindere dalle posizioni politiche». Come se sventolare una bandiera nazista e scrivere “Roma è fascista” fosse una posizione politica e non, piuttosto,un crimine perseguibile dalla legge oltre che un offesa gravissima alle centinaia di migliaia di vittime del fascismo e del nazismo.
Una scusa, quella della presenza della politica negli stadi che serve a celare colpe e responsabilità quasi la politica fosse, per sua stessa natura, inevitabile catalizzatore di scontri e l’ispiratrice diretta di cori di inaudita violenza ed ignoranza.
E non è politica, è bene sottolinearlo, neanche quella dei tifosi del Livorno molti dei quali non meritano di intonare “bella ciao” o “bandiera rossa”, come hanno fatto ieri allo stadio.
Nel frattempo il ministro degli Interni Pisanu dichiara di voler «chiudere gli stadi più a rischio» e Galliani ribadisce l’impotenza delle società che, sostiene il presidente della Lega Calcio, «non possono certo fare miracoli» e propone «barriere mobili negli stadi da alzare e abbassare all’occorrenza». Una trovata, questa delle barriere, che la dice lunga sulla volontà di affrontare il problema della violenza negli stadi.

Link: http://www.brianzapopolare.it/sezioni/s ... _curva.htm



Un altro racconto
Premessa. Ha oltre 30 anni, titolo di studio, un buon lavoro, è insomma un ragazzo tutt’altro che sbandato. Vive il mondo ultrà in prima fila, «perché comunque qua ci sono dei valori veri che in altre parti della società non esistono» - è convinto- e domenica era insieme agli amici di sempre sul treno che portava a Roma. Ecco il suo racconto di un viaggio maledetto. L’arrivo allo stadio. Viaggio in treno tranquillo, tante bandiere rosse sventolate ad ogni stazione, poi l’arrivo a Roma. «Tutto come previsto fino a quando arriviamo allo stadio. Lì iniziano gli abusi». Si entra nel dettaglio: «La polizia ci controlla e ci porta via di tutto: bandiere rosse, maglie e bandiere di Che Guevara, sciarpe. A tanti ragazzi strappano anche gli stemmi dai giubbotti: qualcuno ha il Che, altri la scritta Bal. Inutile chiedere spiegazioni, le loro risposte saranno sempre allucinanti, della serie “o fai così o ti massacriamo dalle botte”. Addirittura a tanti tolgono le cinture e a qualcuno vanno a frugare dentro le scarpe». Striscione Moby Prince. I tifosi amaranto avevano preparato uno striscione per ricordare la strage del Moby Prince, sopra c’era scritto “Moby Prince, 140 morti senza giustizia. E i responsabili?”. Ma anche quello finisce in un angolo impolverato, insieme agli altri. «Arriva uno in divisa e ci fa “ma ce l’avete lo striscione sui poliziotti morti?”. Ma che domande sono? E a quel punto ci prende lo striscione sul Moby e ce lo porta via». Il ritorno. Nessun flashback della partita, di quel 3-1 non resterà niente. «Un gruppo di noi è rimasto addirittura fuori dallo stadio per controllare gli striscioni». E siamo al viaggio di ritorno. «Sembra che tutto fili liscio, il treno parte regolarmente senza incidenti poi alla stazione di San Pietro scoppia il caos. Da fuori un gruppo di tifosi della Lazio inizia a tirare sassi al treno e qualcuno di noi decide di scendere». Qua c’è il rebus del freno a mano tirato. «Può darsi che sia stato tirato, ma eravamo comunque già alla stazione di San Pietro, in pratica eravamo fermi». Gli scontri. Il finimondo sta per esplodere. «Quelli della Lazio scappano ma al loro posto arrivano i poliziotti. C’è qualche scontro, poi tutti risalgono sul treno». Primo inferno, siamo intorno alle 20. «Sembra finita ma la celere assalta il treno. Entrano e spaccano anche qualche vetro, sparano lacrimogeni e gas irritanti, poi fanno irruzione nei vari scompartimenti picchiando chiunque si presenta sulla loro strada. Picchiano, sfasciano, e che non si dica che il treno l’abbiamo devastato noi perché non è assolutamente vero, non rientra nella nostra mentalità. Molti sono obbligati a sdraiarsi in terra, sul treno, le offese non si contano». Cresce la tensione. «Dopo un po’ ci obbligano a scendere ci lasciano in mezzo ai binari, circondati, sotto l’acqua, per oltre un’ora, qualcuno anche inginocchiato. Nasi e teste rotte non si contano, qualcuno di noi se ne va anche all’ospedale». La lunga notte. L’orologio segna le 22, le camionette caricano i 400 tifosi amaranto e li portano ad un centro di accoglienza per immigrati. Secondo inferno. «Siamo stati trattati da bestie. Arriviamo e ci chiudono in gruppi di 60 in stanzine di 30 metri quadrati, privati di qualsiasi diritto. Nessuna possibilità di mangiare, nessuno può andare in bagno per tutta la notte, e ci obbligano anche a tenere spenti i cellulari. Ogni violazione di questa regola è una manganellata. Addirittura ci impongono di stare in piedi e, se per caso qualcuno si siede o magari si addormenta, sono botte. Non vi dico le provocazioni, con valanghe di saluti romani. L’offesa minima è “comunisti di merda”. Ogni tanto qualcuno riesce a telefonare, coperto dagli amici, ma è un’impresa. Ripeto, siamo stati trattati peggio delle bestie». L’uscita. L’identificazione è lunga, i primi livornesi escono intorno alle 11.30 di mattina. «La chiusura è in bellezza perché ci spediscono per strada a gruppetti, senza il minimo controllo. Anzi, ci dicono di correre veloce perché quelli della Lazio ci aspettano fuori. Qualcuno dei ragazzi non ha i soldi, così facciamo una colletta tra di noi per comprare qualcosa da mangiare a chi esce». È il tempo delle riflessioni. «Noi non chiediamo protezioni perché siamo ultrà, ci mancherebbe. Chi sbaglia paga, chi accetta di correre il rischio non ha paura delle conseguenze. Ma qua siamo andati al di fuori delle regole, è stato un completo abuso di potere. Anzi, forse è stato qualcosa di molto scientifico, troppo scientifico».
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piazza
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Re: Lazio-LIVORNO 10 aprile 2005

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