Guerrieri Amaranto

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CARLOS MARTIN VOLANTE
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Un nome, un ruolo: perché il 5 sudamericano si chiama "volante"
La storia di Carlos Volante, centrocampista per eccellenza davanti alla difesa. Divenuto leggendario in Brasile, giocò anche a Napoli e Torino.

Chi mastica un pizzico di calcio sudamericano lo sa: c'è il goleiro, il portiere, ci sono i due laterais, ossia i terzini, e poi il meia, il trequartista, e via così. E c'è il volante. Ovvero il classico centrocampista centrale davanti alla difesa, caratteristiche solitamente difensive e l'esperienza adatta per prendere in mano le redini di una squadra.

L'unica posizione dello scacchiere tattico che ha la stessa denominazione in portoghese e in spagnolo, dunque in Brasile e nel resto del Sudamerica, è proprio questo: il volante. E la motivazione è legata a un personaggio che ha scritto la storia al tramonto della propria carriera, tanto da traslare il proprio cognome a un ruolo: Carlos Martin Volante. Il simbolo per eccellenza del centrocampista sudamericano con il numero 5 sulle spalle.

UN NOME, UN RUOLO
Volante è argentino, di Lanus, dove nasce nel 1910. Ma è in Brasile, la terra nemica per eccellenza, dove diventa una sorta di leggenda. Vi arriva nel 1938, dopo aver giocato in patria, ma anche in Italia (Napoli, Livorno, Torino) e in Francia (Rennes, Lilla, CA Paris), ed essere rientrato frettolosamente in Sudamerica per sfuggire all'ondata bellica scatenatasi sull'Europa con l'avvento di Fascismo e Nazismo.

L'inizio del suo legame con il Brasile è particolare: Volante si inventa infatti, quasi in incognito, massaggiatore della Seleção che ai Mondiali del 1938 chiude al terzo posto dopo essere stata superata in semifinale dall'Italia di Silvio Piola. Un modo ingegnoso per organizzare la propria fuga dall'Europa. Poi lo nota il Flamengo, ed è amore. Duraturo e vincente.

Volante ha 28 anni quando arriva a Rio de Janeiro, e conquista tutti. Il suo stile di gioco davanti alla difesa è così particolare che i brasiliani iniziano a chiamare quel ruolo come il suo cognome: Carlos è infatti un supporto mobile per i centrali di difesa, in mezzo ai quali va spesso a piazzarsi per consentire loro un migliore posizionamento lungo la linea della retroguardia. Un espediente tattico utilizzato ancor oggi dagli allenatori in Brasile.

L'ESPERIENZA IN ITALIA
Volante ha origini italiane, in quanto il padre Giuseppe è emigrato in Argentina da Alessandria. E in Italia torna nel 1931, da calciatore del Napoli. Dopo gli esordi nel Lanus, ai tempi gioca nel Platense, che disputa alcune amichevoli in giro per l'Europa e affronta pure gli azzurri. Che vedono all'opera questo centrocampista e decidono di provare a portarlo alla corte dell'inglese William Garbutt.

"In casa mia ci fu una grande discussione - il ricordo di Volante al 'Grafico' - devi andarci, sì, no... Io speravo un giorno di poter riportare mio padre in Italia, paese di cui sentiva la nostalgia, ma mia madre non voleva lasciarmi andare. Così le ho detto: 'Chiederò al Napoli 150mila lire per due anni e 4mila lire al mese: così può andar bene?'. Accettò. Feci la proposta al club, che la accettò. Mi diedero anche due biglietti aerei, uno per me e uno per mio padre. Il grande sogno si realizzò e per 9 anni giocai in Italia e poi in Francia. Vidi grandi squadre come la Juventus, l'Internazionale, la Roma, il Torino".

Nei tre anni in cui rimane nel nostro paese, Volante veste altrettante maglie: quella del Napoli nel 1931-32, poi quella del Livorno - con cui conquista una promozione dalla Serie B alla Serie A - e infine quella del Torino. Fino a quando lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale non lo costringe ad abbandonare il nostro Continente.

In Italia ci tornerà, questa volta per vivere la propria pensione, una volta appese le scarpe al chiodo. Ed è proprio qui, nella terra dei propri genitori, che morirà a 79 anni.

"GIOCATE COME VOLANTE"
Se il sogno europeo va a buon fine, è come detto in Brasile che Volante tramanda il proprio nome di generazione in generazione. Grintoso e sempre sul pezzo, nonostante nei suoi anni argentini non avesse mai rimediato alcun cartellino giallo, a Rio è apprezzato dai tifosi e rimpingua il proprio palmares: tre Campionati Carioca di fila in una squadra che vanta parecchi connazionali, tra cui l'oriundo italiano Raimundo 'Mumo' Orsi, campione del Mondo nel 1934.

Il suo gioco, in un calcio ancora legato a schemi e posizioni fisse, ha un impatto talmente notevole che gli allenatori dell'epoca consigliano ai propri centrocampisti di "jogar como Volante", di giocare come Volante. Una raccomandazione che diventa ben presto "jogar de volante", con la v minuscola, ovvero giocare "nella posizione di volante". Davanti alla difesa, appunto.

Allenatore lo diventerà anche Volante, in un secondo tempo. Ancora una volta, prima in Argentina e poi in Brasile. Al Lanus e poi all'Internacional, club che per i gringos, anche per la propria posizione geografica di confine con l'Uruguay, ha una particolare predilezione. Nel 1959, alla guida del Bahia, conquisterà la Taça Brasil: la prima, storica edizione del campionato nazionale brasiliano.


Link: https://www.goal.com/it/notizie/perche- ... wbyarbzdeb
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FRANCO LIPIZER
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Nato da Arturo Lipizer e Ida Piani, studia a Torino, dove inizia anche a giocare a calcio: con il Foot Ball Club Torino gioca 6 partite in Prima Categoria 1920-1921, subendo 10 reti. Continuò poi la sua carriera in varie squadre del Nord Italia; nel 1925, tornato nella natìa Ruda, gioca nell'Udinese. Nel 1922 giocò per il Petrarca Padova. Fu anche convocato in Nazionale per l'amichevole del 18 luglio 1926 contro la Svezia, ma non scese in campo e rimase una riserva: fu quella l'unica sua convocazione in Nazionale. Nel 1926 entrò a far parte della rosa del Livorno, esordendo il 3 ottobre 1926 contro il Torino, sua vecchia squadra. Durante la Divisione Nazionale 1926-1927 giocò le prime 15 partite, subendo 26 reti; nelle ultime gare venne rimpiazzato da Niccolai. Iniziò la stagione 1927-1928 da titolare, giocando i primi 3 incontri; si alternò poi con Paolo Lami nel ruolo di estremo difensore del Livorno. Anche in Divisione Nazionale 1928-1929 gioca la prima partita dell'annata, contro l'Alessandria il 30 settembre 1928: Lipizer scese in campo per un totale di 7 volte, con Lami che giocò le restanti gare. Dal 1929 al 1931 giocò per la Salernitana, nel corso di due stagioni; successivamente militò nel Nissena.
Una volta ritiratosi dal calcio, Lipizer fu un pittore: autodidatta, il suo stile si rifaceva a quello dei macchiaioli.
Nel giugno 2010 gli è stata dedicata una strada a Livorno.

LINK: https://it.wikipedia.org/wiki/Franco_Lipizer

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Il pittore Franco Lipizer è nato a Ruda (Udine) il 15 dicembre 1901. Ritrattista di riconosciuto valore, oltre che paesista originale. La sua arte inconfondibile, è tutta ispirata all’amore della natura. Nelle Mostre collettive si è distinto sempre e fra i più illustri, come Plinio Nomellini, Olvi Liegi, Raffaele Gambogi, Lodovico Tommasi ed altri.

Numerosi gl’inviti e i premi meritati.

Ha allestito Mostre personali a Milano, Firenze e Bucarest. Alcune sue opere si trovano presso Istituti Bancari, raccolte private in Italia e all’estero (New York) e Londra. Della sua attività si è particolarmente interessato il critico d’arte Gualtiero Segala, il quale afferma che nei quadri del pittore Lipizer, la distribuzione dei toni e la misura del colore sono felicissimi; l’atmosfera è creata in tutta la sua trasparenza e trasmette a chi guarda un senso di pace che è comunanza perfetta di spirito tra pubblico e opera. Ecco perchè Franco Lipizer s’impone ed avvince come certe creature che sono destinate all’amore altrui per le virtù interiori più che per certi pregi superficiali. Egli si limita ad affermare che la natura parla in un dato modo, ed egli traduce sulla tela secondo la sensibilità badando bene che il cerebralismo non insorga a spadroneggiare sullo spirito. Con tali concetti l’artista Lipizer ha fatto sulla via dell’Arte un passo verso la meta.

Nella «Nuova Antologia» a pag. 68 si legge: «questo artista sta oltre ai pregevoli paesaggi resi vividi da luminosissime figure ottimamente inquadrate e riprodotte con squisito gusto, le sue nature morte, i suoi fiori pieno di quella vivacità che molto si avvicina alla natura ed anzi, spesso, la perfeziona e la completa. Senza tema di eccedere in vani elogi possiamo senz’altro affermare che la pittura di Franco Lipizer è, oggi, in mezzo alle molteplici insincerità, cosa così sincera da meritare l’ammirazione di coloro che non disperano di trovare nel vero la fonte di qualche felicità.



Bibliografia:

1956 - Domenico Maggiore, Supplemento Artisti Viventi d’Italia, Napoli, Edizione Maggiore, pp. 337/338.


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LINK: https://dizionariodartesartori.it/artis ... -francesco
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PIERO MAGGINI
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